
Un recente studio, condotto da 23 ricercatori di 14 istituzioni differenti, ha affermato che “la variazione del contenuto termico degli oceani nel 2021 è equivalente all’energia che si otterrebbe facendo esplodere 7 bombe atomiche ogni secondo per tutta la durata dell’anno“. Questi comunicati allarmanti sull’innalzamento delle temperature degli oceani non sono cosa nuova e l’anno appena trascorso non ha fatto eccezioni. La sorpresa però sta nel fatto che per il 2021 i ricercatori auspicavano un risultato opposto per via della corrente fredda “Niña” che ha attraversato l’oceano Pacifico. Da questa corrente ci si aspettava un’azione mitigatrice che evidente non è stata sufficiente, infatti, nel 2021 le profondità oceaniche hanno assorbito 14 zettajoule in più di energia prodotta dall’uomo rispetto all’anno precedente, pari a circa 145 volte la produzione mondiale di elettricità nel 2020.
L’oceano Artico ha iniziato a riscaldarsi rapidamente all’inizio del XX secolo e le temperature, aumentate di 2 gradi Celsius, hanno fatto sì che nel ghiaccio marino si ritrovasse un’evidente salinità, la causa è “l’atlantificazione”, ossia la progressiva intrusione di acque atlantiche (calde e salate) nel dominio artico (freddo e dolce).
“Tutti gli oceani del mondo si stanno riscaldando a causa dei cambiamenti climatici, ma l’oceano Artico, il più piccolo e il più superficiale degli oceani, si sta riscaldando più velocemente di tutti. Il suo tasso di riscaldamento è più del doppio della media globale, a causa della fusione dei ghiacci marini e terrestri”, afferma Francesco Muschitiello, ricercatore del Dipartimento di geografia dell’Università di Cambridge.
Gli studi condotti dai ricercatori rivelano che il cambiamento climatico in atto causerà una sempre più rapida atlantificazione, con conseguente diminuzione della calotta glaciale della Groellandia. Per mitigare gli effetti del cambiamento climatico è fondamentale monitorare le variazioni di temperatura e di Co2 “l’oceano assorbe circa un terzo della Co2 emessa, ma il riscaldamento delle acque riduce l’efficienza di questo processo, lasciandone una percentuale maggiore in atmosfera”. Il riscaldamento degli oceani sta aumentando il livello delle acque marine con ripercussioni potenzialmente catastrofiche per gli atolli del Pacifico, le Maldive ma anche per le nostre aree costiere.
Lo stretto legame tra riscaldamento degli Oceani e aumento delle emissioni di gas nell’atmosfera crea un vero e proprio effetto a catena, il calore che resta intrappolato nell’atmosfera viene immagazzinato degli oceani, incidendo sulla temperatura dell’acqua. Oceani sempre più caldi creano le condizioni per tempeste e uragani sempre più violenti e numerosi, abbinati a periodi di forte caldo in zone del mondo sempre più estese. Inoltre, l’acqua più calda è anche meno ricca in ossigeno con effetti sulla catena alimentare e l’alta acidità che ne consegue ha effetti sull’ecosistema sottomarino.
Anche il nostro mar Tirreno ha iniziato a scaldarsi in questi ultimi anni e la cosa più rilevante emersa durante l’ultima campagna di rilevamento, a metà dicembre 2021, è che il calore si sta espandendo anche in profondità maggiori rispetto al passato. Il calore viaggia dalle isole Egadi e dalla costa nord-ovest della Sicilia, proseguendo verso nord, dando origine a episodi meteo estremi come ondate di calore e violenti fenomeni precipitativi, con conseguenti alluvioni e frane.
Secondo le rilevazioni di GreenPeace, pubblicate ad agosto 2021, dal 2013 al 2019 il danno economico provocato da frane e alluvioni in Italia è stato pari a 20,3 miliardi di euro (solo il 10% di questi danni è stato risarcito dallo Stato) mentre i fondi spesi in prevenzione sono stati pari a 2,1 miliardi di euro, un decimo dei danni stimati in Italia, nello stesso arco di tempo. Secondo Daniele Spizzichino, ingegnere ISPRA, “Quasi il 91% dei comuni è a rischio frane o alluvioni. Significa 1,3 milioni di italiani a rischio frane e 6,2 a rischio alluvioni. I cambiamenti climatici hanno effetti sulla frequenza degli eventi meteorologici estremi, che sono più difficili da prevedere e conseguentemente altamente più pericolosi e distruttivi, quali piene improvvise o colate rapide di fango e detrito”. Negli ultimi 50 anni (1970-2019) frane e inondazioni hanno causato 1.670 morti, 60 dispersi, 1.935 feriti e più di 320 mila evacuati e senzatetto.
“Il surriscaldamento globale ha modificato il regime delle precipitazioni. Oggi, cadono più millimetri di precipitazioni in meno tempo” spiega Paola Salvati ricercatrice CNR.
Uno studio apparso su Environmental Research Letters, calcola che entro il 20100 il costo della crisi climatica potrebbe riguardare il 37% del Pil globale. La NOAA, l’agenzia federale statunitense che si interessa di oceanografia, meteorologia e climatologia, stima che, per l’America, il “costo reale” per il l’innalzamento delle temperature del 2021 è di 145 miliardi di dollari e 688 vite umane. Mentre nell’ultimo report dell’European Environmental Agency (EEA) emerge che dal 1980 al 2019 gli stati europei hanno registrato 446 miliardi di euro di perdite a causa di eventi climatici e ambientali estremi, circa il 3% del PIL complessivo e durante lo stesso periodo di tempo l’Italia ha subito danni pari a circa 72,5 miliardi di euro.
Il nostro futuro sarà determinato dalle scelte che compiremo nei prossimi anni e dalle politiche che attueremo oggi e negli anni a venire.