GEOPOLITICA

Storia della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare: ruolo pioneristico nella valorizzazione di un modello di economia circolare nel periodo pandemico

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La Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare nasce per iniziativa dell’agroeconomista Andrea Segrè, professore ordinario di politica agraria internazionale e comparata presso l’Università di Bologna. Il Professor Segrè è inoltre il fondatore di Last Minute Market, un’impresa sociale nata in collaborazione con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari (DISTAL) dell’ateneo bolognese che dal 1998 integra servizi di prevenzione delle perdite e degli sprechi di ampie tipologie di beni alimentari e non con attività di promozione dello sviluppo locale sostenibile indirizzate a tutti gli istituti ed enti nazionali. E’ stata l’iniziativa di una delle campagne di sensibilizzazione sul tema dello spreco alimentare promossa da Last Minute Market a contribuire all’istituzione della giornata il 5 febbraio 2014. Realizzata con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, il progetto di campagna pubblica Spreco Zero ha visto la luce nel 2010, diventando nel giro di pochi anni uno dei principali movimenti di pensiero attivi in Italia che ha fatto della divulgazione informativa sulle cause dello spreco, e della proposta alle istituzioni pubbliche e private di politiche efficaci ad arginare il fenomeno, il proprio strumento di lavoro. Il progetto ha generato una forte ondata di consenso e di appoggio da parte non solo di esponenti della politica nazionale ma anche del mondo dell’arte e dell’intrattenimento. Dal “Premio Vivere a Spreco Zero” ideato nel 2013 per la condivisione delle buone prassi di riduzione degli sprechi alimentari e di fonti energetiche e valorizzazione dell’economia circolare (alla cui edizione parteciparono testimonial di grande calibro come il celebre fumettista e vignettista satirico Francesco Tullio Altan) all’organizzazione della Giornata internazionale della consapevolezza delle perdite e degli sprechi alimentari del 2020, la campagna di Spreco Zero vanta un’esistenza attiva ultradecennale. 

Con l’ideazione della giornata nazionale nel 2014 si è assistito nel nostro paese all’emergere di una coscienza comune sulla necessità di sensibilizzare l’opinione pubblica su una delle problematiche che maggiormente caratterizza il nostro tempo. Negli ultimi anni la lotta contro lo spreco alimentare è diventato il fil rouge di importanti iniziative che a ogni edizione annuale rinnovano l’impegno da parte degli enti pubblici, imprese e scuole a garantire a tutti i cittadini il diritto alla salute e a un ambiente salubre. In occasione della giornata del 2021 il tema scelto e promosso dalla campagna Spreco Zero è stato “One Health one Earth. Stop Food waste”, che per la prima volta ha dedicato maggiore attenzione ai 17 obiettivi di Sostenibilità indicati nell’Agenda delle Nazioni Unite 2030, tra i quali rientra l’obiettivo congiunto dei governi e dei cittadini di dimezzare lo spreco alimentare globale entro il 2030.

Sin dall’inizio del secolo scorso l’Italia ha saputo distinguersi a livello internazionale per la sua esperienza nel campo agricolo e alimentare. Caratteristica che rese possibile la determinazione da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite di stabilire a Roma la Food and Agriculture Organization (FAO) nel 1949. Sul tema dello spreco alimentare il nostro paese sembra aver compiuto diversi passi in avanti negli ultimi due anni, complici soprattutto le rigide restrizioni che si sono susseguite nel corso della presente pandemia da Covid-19. Secondo il report “il caso Italia” di Waste Watcher International, nel 2021 lo spreco di cibo è diminuito dell’11,78% rispetto all’anno precedente e sono state salvate oltre 222.000 tonnellate di cibo. Dall’indagine emerge inoltre che l’85% degli italiani desidera che le donazioni di cibo ritirato dalla vendita da parte di supermercati in favore dei più bisognosi diventino obbligatorie per legge al fine di contrastare l’aumento della povertà generato dalla pandemia. Sempre rimanendo nell’ambito spesa si assiste a un cambiamento nelle abitudini dei consumatori: 7 italiani su 10 dichiarano di fare la spesa per lo più una o due volte alla settimana e di essere disposti a spendere di più per la qualità del cibo. Infine, più dell’80% delle famiglie italiane ammette di riservare maggiore attenzione alla prevenzione dello spreco alimentare. 

Sicuramente la pandemia ha avuto un effetto decisivo nel modificare le abitudini dei consumi in Italia, consentendo una spesa più sostenibile che permetta ai singoli individui di pianificare in anticipo e con più criterio i propri acquisti di generi alimentari. Tuttavia un ruolo fondamentale nel ridurre lo spreco alimentare potrebbe ricoprirlo anche l’economia circolare. È noto che la produzione di rifiuti alimentari, di cui i paesi ad alto reddito sono i principali responsabili, avvenga all’interno delle famiglie nella cosiddetta fase di post consumo. Secondo i dati nazionali più recenti, lo spreco di cibo tra le mura domestiche vale circa 6,5 miliardi di euro complessivi, mentre il costo nazionale totale comprendente anche gli sprechi della filiera produzione/distribuzione ammonterebbe a oltre 13 miliardi di euro. Adottare soluzioni più circolari porterebbe alla creazione di un nuovo sistema alimentare che trasformi il mercato degli scarti alimentari in un business in grado di generare vantaggi economici. Nel saggio “The circular economy: a transformative Covid-19 recovery strategy” redatto dalla fondazione britannica Ellen MacArthur si prospetta un sistema che trasformi il cibo in eccesso e i sottoprodotti non commestibili in nuovi prodotti alimentari o risorse impiegate in determinati settori quali l’agricoltura o la produzione di bioenergia. Tale sistema potrebbe apportare anche vantaggi ambientali se le soluzioni adottate per prevenire lo spreco alimentare valorizzassero non solo i sottoprodotti non commestibili ma anche i rifiuti verdi. Ciò permetterebbe di risparmiare circa 1,7 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno, aumentando la sinergia tra governo e cittadini nella lotta comune alla prevenzione degli sprechi e allo sviluppo sostenibile. Una soluzione che accrescerebbe l’impegno nazionale alla realizzazione degli obiettivi fissati dall’agenda dell’ONU entro il 2030 con la consapevolezza da parte dei dirigenti politici di come la circolazione dei prodotti alimentari possa generare un surplus invece che impattare negativamente sulla crescita economica e la tutela ambientale. 

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