GEOPOLITICA

AIDS: la malattia che non conosce gopolitica, o quasi.

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La pandemia da HIV, secondo alcuni studi statistici e di trasmissione del virus, ha avuto il suo inizio nel 1920 nella Provincia di Kinshasa, ovvero l’attuale città della Repubblica democratica del Congo. Nel 2014 uno studio redatto dalla celebre rivista Science aveva affermato che l’inizio della pandemia da AIDS aveva avuto non solo una circoscrizione geografica specifica ma anche temporale, causando 75 milioni di infezioni e 36 milioni di morti. Il luogo ritenuto inizio di tale pandemia fu il fiume camerunense Sangha, un affluente del Congo, dove, intorno al 1920, qualcuno si mise in viaggio verso Léopoldville (l’attuale Kinshasa) dopo essere stato infettato, probabilmente durante una battuta di caccia, da uno scimpanzé portatore del ceppo di SIV (simian immunodeficiency virus) più simile a quello dell’HIV che si conosca».

La prima pubblicazione su  un caso di AIDS  risale al 1981 e l’identificazione dell’HIV-1, il più diffuso nel mondo, è del 1983.  Nonostante tutte le teorie complottiste circolate da allora, non ci sono ormai più dubbi che l’HIV-1 sia una forma che si è evoluta da un virus che è  passato dalla scimmia all’uomo e poi portato da qualcuno, quasi 100 anni fa, dalle foreste del Camerun fino ad una grande città africana. Probabilmente il ceppo all’origine della pandemia di Aids che fino ad oggi ha infettato 75 milioni di persone aveva come ospite uno scimpanzé che viveva nel sud-est del Camerun e che è stato abbattuto per mangiarne la carne, oppure qualcuno si è infettato attraverso una ferita,  è questo cacciatore umano contaminato che ha portato  il virus a Leopoldiville/Kinshasa dove, secondo gli archivi coloniali, all’epoca c’era un intenso sviluppo degli scambi commerciali fluviali tra Camerun e Congo, soprattutto per l’avorio ed il caucciù. Dopo, tra gli anni ’20 e ’50, l’urbanizzazione ed i trasporti, in particolare quelli ferroviari, hanno fatto il resto, collegando l’industria mineraria coloniale a Kinshasa.  Nel 1937, l’antenato dell’HIV-1 pandemico si era già insediato a Brazzaville, allora capitale dell’ex colonia francese del Congo ed oggi della Repubblica del Congo, a 6 km da Kinshasa, sull’altra sponda del fiume Congo. Più o meno alla stessa epoca, il virus si era già diffuso in altre grandi città dell’attuale Repubblica democratica del Congo a sud-est di Kinshasa. Nello stesso periodo ha raggiunto  Lubumbashi e  poi Mbuji-Mayi, sempre seguendo i binari della ferrovia che traversava il Congo Belga da ovest a sud-est, trasportando nel 1922 più di 300.000 persone che nel 1948 erano più di un milione. Nel decennio successivo l’Aids ha raggiunto Bwamanda e Kisangani, nel nord-est del Congo, ma stavolta per via fluviale. E’ proprio a Mbuji-Mayi  che si sarebbero sviluppati sia il sottotipo C del gruppo M, all’origine della metà circa di tutte le infezioni nell’Africa sub-sahariana, sia il sottotipo B, responsabile della maggior parte delle infezioni in Europa e negli Usa.

La modalità di sviluppo di questa epidemia, avvenuta negli anni ’20, passando da uno scimpanzè ad un uomo, assume un maggior rilievo se si considerano gli sviluppi di un’altra epidemia e pandemia, quella di ebola prima e del covid-19 dopo; gli effetti devastanti del virus dell’HIV si sono avuti in circa 60 anni, in cui il virus si è propagato in maniera continuativa, ma più lenta. Tuttavia bisogna anche ricordare che le vie di trasmissione del virus di HIV e di Ebola e covid-19 sono diverse e l’incubazione degli ultimi due virus sono anche molto più brevi di quello dell’HIV. Tuttavia, ebola, invece, ci ha messo quasi 40 anni a svilupparsi e a diventare una epidemia, mentre il covid-19 ha messo in ginocchio l’intero mondo in appena 6 mesi. Sviluppo economico, capitalismo sfrenato e capacità di propagazione del virus: ecco il connubio per lo sviluppo di epidemia, anche in aree dle mondo che possono ritenersi diverse.

AIDS: IL VIRUS CHE NON LASCIA IL MONDO; MA ABBANDONA I FIGLI

 Come già affermato in precedenza, ad oggi si contano poco più di 36 milioni di morti per il virus dell’HIV nel mondo; numeri senza precedenti per una epidemia. Si possono, tuttavia, differenziare alcune aree del mondo che sono più colpite rispetto ad altre, ma che hanno tutte la stessa tragica conseguenza: la morte. Il primo caso di HIV, in Indonesia, il primo paese asiatico ad essere stato colpito fu l’Indonesia, dove venne reso noto solo nel 1987. La situazione è andata ad aggravarsi inevitabilmente, rendendo l’Indonesia il Paese del sud-est asiatico più colpito dal virus dell’HIV; nel contesto indonesiano, con una percentuale di persone adulte che hanno il virus intorno allo 0,32%, ciò che allarma è la forte incidenza dell’epidemia tra le persone che fanno uso di droghe pesanti e tra i cosiddetti “lavoratori del turismo sessuale”, per cui il Paese è tristemente noto. Nel 1994 l’Indonesia ha dato vita ad una Commissione Nazionale sull’AIDS per cercare di prevenire la diffusione dle virus HIV e cercare anche di aiutare le persone affette attraverso servizi offerte da enti locali e organizzazione governative e non.

Altro caos emblematico, spostandosi dall’Asia all’Africa, è quello dell’Uganda, dove vi sono più di 2 milioni di organi a causa dell’HIV (dati UNICEF aggiornati al 2019). Oltre alla situazioni di bambini orfani, vi sono fin troppo spesso anche casi di bambini nati già ammalati che vanno in cura presso l’unico ospedale noto e funzionante del Paese, quello di Gulu, dove da quando è stato costruito ad oggi, vi è stata una forte diminuzione dell’indice di trasmissibilità dell’HIV: dal 27% del 1961 al 13% attuale.

Analizzando questi dati è visibile anche come negli ultimi anni si parli sempre meno di AID, nonostante questo sia uno degli obiettivi dell’Agenda 2030; nonostante comunque negli ultimi 20 anni vi siano stati notevoli progressi tra i bambini di età compresa tra i 0-12 anni, ad oggi la necessità prioritaria è quella di cambiare radicalmente i programmi di prevenzione e stanziare maggiori finanziamenti per i controlli e il trattamento dell’HIV. Sempre secondo dati UNICEF ad oggi vi sono circa 3 milioni di minori che convivono con l’AIDSL’Africa subsahariana, in particolare l’Africa australe, rimane la regione più colpita dall’epidemia: nel 2017, in questa zona del pianeta sono stati rilevati circa il 70% di tutti i casi di persone affette da Hiv, il 91% dei bambini affetti da Hiv e l’85 per cento degli adolescenti che vivono con l’Hiv.

Ad oggi, soprattutto la crescita demografica dei paesi a basso reddito ha creato la necessità di dover creare un maggior impegno nel combattere le nuove infezioni da HIV; i dati attuali, infatti, non danno come possibile l’eliminazione di tale virus entro il 2030 e probabilmente neanche entro il 2050, secondo quanto afferma UNICEF.

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