ARTE&CULTURA

Dall’infanzia all’adolescenza: la crescita di un bambino in un film indimenticabile

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Un genitore quando pensa ai suoi bambini non se li immagina solo nel presente, da piccoli, ma li immagina nel tempo, fino ad ipotizzare come sarà il loro futuro e come saranno da grandi. Proprio come farebbe un buon genitore, il regista Richard Linklater, ci mostra l’evoluzione e la crescita dei suoi personaggi, scegliendo di filmare per 12 anni (dal 2002 al 2013) i protagonisti del suo film, realizzando un’impegnativa impresa: ogni anno andava con la stessa troupe e lo stesso cast a girare alcune scene del film, al fine di seguire la crescita dei personaggi a pari passo con quella degli attori.

Boyhood è un vero e proprio esperimento cinematografico, vincitore di numerosi premi come: Oscar, Bafta e Golden Globes per la migliore attrice non protagonista, Festival di Berlino, Bafta e Golden Globes come migliore regia. Nell’agosto 2016 è stato inserito al quinto posto nella lista dei 100 migliori film del XXI secolo, stilata dalla BBC secondo i giudizi di 177 critici cinematografici.

Il film segue la vita di Mason da quando ha sei anni fino a quando ne compie diciannove. Mostra la normalissima quotidianità di questo bambino che diventa adulto e tutti i rapporti interpersonali che crea a partire dai genitori e la sorella fino ad arrivare a quelli con gli amici e con l’amore. Sono tutti passaggi dettati da un’evoluzione lenta e normale nella quale lo spettatore si riconosce. Ci sono cambiamenti culturali e tecnologici, relazioni conflittuali, crescita fisica e mentale, c’è la socialità, la politica, la musica e il costume, c’è la scuola, dalle elementari al college, e c’è il tema del divorzio e dei nuovi matrimoni dei genitori.

Un film delicato, sensibile e solare ma più di tutto naturale, che celebra il cambiamento e dipinge in maniera magistrale la giovinezza.

Paulo Coelho scrive: “Un bambino può insegnare sempre tre cose ad un adulto: a essere contento senza motivo, a essere sempre occupato con qualche cosa e a pretendere con ogni sua forza quello che desidera.”

L’innegabile forza e gioia che ci arriva dalle giovani vite che si vanno formando è indescrivibile e infinita, ma attualmente le nascite nei paesi industrializzati stanno subendo forti rallentamenti. Il nostro paese ne è l’esempio lampante.

Oggi in Italia ci sono circa 9,8 milioni di “bambini” con meno di 18 anni (16,2% della popolazione totale), circa 5 milioni in meno rispetto a trent’anni fa quanto i minori erano 15 milioni. L’Istat ha ipotizzato un forte declino demografico nel nostro Paese nei prossimi cinquant’anni, con notevoli differenze tra nord e sud, prevedendo che nel Mezzogiorno il calo inizierà prima che nel resto d’Italia. Analizzando i dati dal 2012 al 2018 si vede che la Campania ha avuto una diminuzione del -6,74% dei minori, la Sicilia del -5,66% e Basilicata e Molise -9%. I minori risultano aumentati principalmente nel Lazio e in Emilia-Romagna. Si prevede che nel 2025 gli abitanti italiani saranno ben 2,1 milioni in meno rispetto ad oggi e tra cinquant’anni la popolazione si sposterà gradualmente verso il centro-nord Italia. I motivi di questa migrazione sono spiegati dal fatto che le regioni del Sud sono le più colpite da disoccupazione, instabilità economica e carenza di servizi accessibili, tutte condizioni che portano i giovani a cercare opportunità altrove e a stabilizzarsi in queste altre città dove trovano casa, lavoro e costruiscono la loro nuova famiglia.

L’età media della popolazione, nel 2065, dovrebbe passare da 44,7 anni a oltre 50 e la durata media della vita arriverà a 86,1 anni per gli uomini e 90,2 anni per le donne (6 anni in più di quanto previsto per il 2015).

Guardando i dati europei forniti da Eurostat, notiamo che Malta, Spagna e Italia sono i Paesi a più basso tasso di fertilità dell’Unione. Nel 2018 in Italia sono nati 1,29 bambini per donna su una media europea di 1,55.

Sempre secondo i dati di Eurostat, nel 2011 in Europa abitavano circa mezzo miliardo di persone e il 19% degli abitanti erano minorenni (percentuale molto variabile tra i diversi Paesi). Troviamo tra i paesi con più minori: Irlanda (25%), Francia (22%), Danimarca, Regno Unito e Paesi Bassi (21%). Tra il 2010 e il 2018 la popolazione europea tra 0 e 15 anni è leggermente aumentata (+0,98%) ma tra gli stati con meno bambini e adolescenti troviamo Bulgaria, Germania e la nostra Italia.

Quantità, qualità e stabilità nel tempo della spesa pubblica a favore della natalità possono essere fattori decisivi nel determinare l’entità dell’impatto sulle scelte dei potenziali genitori, anche se l’indiscutibile effetto positivo di questi sostegni alle famiglie sul tasso di fecondità ha dei risultati contenuti. Misure come l’offerta di asili nido a prezzi sovvenzionati o sostegni al reddito dei genitori che permettano di restare a casa dal lavoro per poter accudire la prole, purché si tratti di misure durature nel tempo.

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