ENERGIA&AMBIENTE

La guerra uccide anche l’ambiente

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Fin troppo spesso l’ambiente non viene ritenuto parte lesa dei conflitti armati; i danni alle risorse naturali e agli ecosistemi derivanti dalle guerre hanno molto spesso degli effetti a lungo termine: deforestazione, raccolti bruciati e terreni avvelenati sono molto spesso il risultato del passaggio militare in alcuni contesti specifici. La distruzione delle risorse su cui si basano i mezzi di sussistenza delle persone non solo compromette la sopravvivenza e lo sviluppo delle comunità locali, ma rende ancora più difficile la costruzione e il mantenimento della pace. 

Le Nazioni Unite stimano, infatti, che almeno il 40% dei conflitti interni scoppiati negli ultimi 60 anni è collegato allo sfruttamento delle risorse naturali, sia quelle di alto valore – legname, diamanti, oro e petrolio – sia quelle scarse, come terra fertile e acqua. Si stima inoltre che i conflitti che coinvolgono risorse naturali abbiano una probabilità doppia di scoppiare una seconda volta. 

L’uso consapevole e la gestione sostenibile delle risorse del nostro Pianeta è fondamentale anche nell’ottica di prevenire il rischio di nuove guerre. Non a caso, nel 2016 l’ONU ha riconosciuto il ruolo fondamentale di ecosistemi integri e risorse naturali gestite in modo sostenibile nel ridurre le probabilità di conflitto.

L’istituzione della Giornata Internazionale per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in situazioni di guerra e i relativi programmi della Nazioni Unite vanno quindi nella direzione di garantire che la protezione dell’ambiente venga sempre inserita nelle strategie per la prevenzione dei conflitti e il mantenimento della pace. 

Il messaggio alla base di questa giornata è quello di garantire la protezione dell’ambiente dallo sfruttamento. In particolare concentrare l’attenzione sulle strategie per la prevenzione dei conflitti e il mantenimento della pace. Non può esistere una pace duratura se vengono distrutte le risorse naturali e gli ecosistemi. 

L’attenzione nei confronti dell’ambiente nel contesto della guerra ha avuto il suo inizio negli anni ’70 col la Guerra del Vietnam, quando vi fu l’utilizzo dell’erbicida tossico da parte degli Stati Uniti che causò una massiccia deforestazione e contaminazione chimica dei terreni coltivabili del Vietnam; lo stesso avvenne durante la Guerra del Golfo del 1990-1991 con la distruzione di circa 600 pozzi di petrolio nel Kuwait; successivamente in Kosovo con il bombardamento dei siti industriali che causarono lo sversamento di quasi 15000 tonnellate di olio combustibile nel Mar Mediterraneo sulla costa adriatica; infine, anche la guerra contro l’ISIS ha causato notevoli attacchi a pozzi e siti industriali.


L’Agenda 2030 riconosce esplicitamente che “lo sviluppo sostenibile non può essere realizzato senza la pace e la sicurezza; e che pace e sicurezza sono a rischio senza di esso”. L’umanità può lavorare insieme per eliminare la minaccia dell’inquinamento e della distruzione del nostro pianeta. Con l’Obiettivo 16 l’Agenda 2030 intende promuovere società pacifiche e inclusive per lo sviluppo sostenibile, fornire accesso alla giustizia per tutti e creare istituti efficaci, responsabili e inclusivi a tutti i livelli. Nel perseguire tali obiettivi, una migliore comprensione dei legami tra ambiente e sicurezza umana è fondamentale per un’efficace prevenzione dei conflitti, la ricostruzione post-conflittuale e la promozione delle società pacifiche e inclusive. Ad oggi, le Nazioni Unite coordinano sei agenzie e dipartimenti per aiutare i paesi a identificare e prevenire i fattori che portano alla distruzione dovuto allo sfruttamento delle risorse naturali in guerra. Promuovono tra l’altro azioni di costruzione della pace. Tra i dipartimenti il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) e il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP). Ma anche il Programma delle Nazioni Unite per gli Insediamenti Umani (UNHABITAT) e l’Ufficio per il Supporto al Consolidamento della Pace (PBSO). Infine inoltre il Dipartimento degli Affari Politici (DPA) e il Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali (DESA).

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