GEOPOLITICA

La fine dei diritti in tempi di crisi: gli insegnamenti della pandemia.

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L’accesso all’informazione è un tema di strettissima attualità in un mondo che corre e rischia continuamente di andare a sbattere.

Tale diritto concerne la possibilità di accedere alle informazioni detenute da istituzioni ed enti pubblici. L’accesso all’informazione rappresenta una componente della libertà di opinione che ritroviamo nell’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani, dove si fa riferimento al diritto “di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”.

Nel corso degli ultimi decenni molto è stato fatto nel mondo. Sono oltre cento gli stati che hanno introdotto leggi in merito, molte di queste sul modello della Freedom of information act (FOIA) statunitense.

Tuttavia, come ben sappiamo, è nel suo esercizio che la democrazia conferma la propria sussistenza. In particolare, in situazioni di crisi, di emergenza, di conflitto, i diritti e le libertà individuali e collettivi rischiano continuamente di venire soffocati sotto il peso di altre esigenze. Il pericolo, in tali casi, è che determinate “scorciatoie” non riconducano al punto di partenza o, ancor peggio, che la contingenza sia presa a pretesto dal potere per erodere spazi di libertà.

La storia antica e recente è costellata di accadimenti come questi, ma possiamo senza dubbio affermare che anche l’attualità più recente ci ha dato modo di venire direttamente a contatto con qualcosa di simile. Parliamo ovviamente della pandemia da covid-19 e del clima emergenziale che ne è scaturito.

Nel corso dei mesi abbiamo assistito al rapido evolversi della situazione e alle conseguenti disposizioni dei governi, a partire dalle organizzazioni globali, per finire alle amministrazioni locali. Tali decisioni hanno spesso portato alla limitazione e alla sospensione di alcuni diritti fondamentali che sono alla base delle moderne democrazie occidentali. Primo tra tutti il diritto alla privacy, che in alcuni momenti è sembrato un ostacolo al raggiungimento di risultati pari a quelli ottenuti da altri paesi che culturalmente e politicamente non tutelano la privatezza dei propri cittadini, quali per esempio la Corea del Sud.

Il secondo diritto duramente colpito è stato quello dell’accesso alle informazioni, con modalità e conseguenze differenti tra stato e stato.

In Italia, i decreti succedutisi hanno posto delle limitazioni all’accesso ai dati della pubblica amministrazione, allo scopo di snellire alcuni meccanismi burocratici. Un esempio è quello della sospensione dell’accesso alle informazioni fiscali e tributarie disposto dal decreto-legge “Cura Italia” del 17 marzo 2020.

Se la volontà di snellimento della burocrazia è apparsa comprensibile, altra questione è il deficit di informazione riguardante la diffusione della pandemia e le dirette conseguenze sanitarie. La carenza, scaturita a volte in omissione e assenza, di informazione su dati e numeri è arrivata a livelli intollerabili per un paese moderno, pregiudicando gravemente il fondamentale lavoro di ricostruzione giornalistica degli organi di informazione. La diffusione di dati a macchia di leopardo da parte delle istituzioni locali e l’impossibilità di accedere alle informazioni ha generato enormi criticità, non solo nell’adozione di pronte contromisure, ma anche sulla popolazione, andando a creare un generalizzato stato di confusione nel paese, scaturito in sacche di diffidenza nei confronti delle istituzioni e delle comunicazioni ufficiali.

Tale situazione, come sempre più spesso succede, ha portato alla diffusione massiccia di fake news con l’effetto di un ulteriore incremento della confusione e dell’avvelenamento del clima.

Ciò che stiamo vivendo dovrebbe rappresentare un campanello d’allarme per l’umanità intera perché ci mostra la fragilità di regole e convenzioni che guidano le nostre esistenze. L’attuale pandemia ci ha permesso di provare sulla nostra pelle le debolezze delle democrazie e l’importanza di diritti fondamentali, come quello dell’accesso all’informazione, che finiamo per notare solo quando non ci sono più.

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