GEOPOLITICA

La politica di salvaguardia della diversità linguistica europea e il rischio di estinzione digitale

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La questione della diversità linguistica rappresenta uno dei principi fondamentali su cui si fonda l’Unione europea e che parimenti all’integrazione politica ed economica costituisce un elemento importante per la competitività e il dialogo interculturale degli Stati Membri.  Nel quadro della normativa comunitaria, l’articolo 3 del Trattato sull’Unione europea (TUE) sottolinea che l’UE “rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica”, mentre l’articolo 165, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) afferma che l’Unione ha il compito di “sviluppare la dimensione europea dell’istruzione, segnatamente con l’apprendimento e la diffusione delle lingue degli Stati Membri”. Ciò si traduce nell’obiettivo politico da parte delle istituzioni comunitarie di incoraggiare l’affermazione di una magna societas multilinguistica che mobiliti i cittadini europei all’insegnamento e all’apprendimento delle lingue straniere attraverso programmi dedicati all’istruzione e alla formazione professionale. Il sostegno mostrato dalla Commissione europea alla diversità linguistica non comprende solamente l’acquisizione di competenze e talenti che permettano ai cittadini degli Stati Membri di migliorare le proprie opportunità di formazione e occupazione all’interno del mercato unico europeo. Il leitmotiv della regolamentazione europea  su cui poggia l’idea del multilinguismo integrato riflette anche la volontà dell’Unione di proibire ogni discriminazione fondata sulla lingua e obbligare gli Stati Membri al rispetto della diversità linguistica, secondo i principi contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE. D’altronde, la tutela delle numerose minoranze linguistiche che rispecchiano la diversità e ricchezza dei popoli europei è uno (se non il) cardine primario del motto “Unita nella diversità”: un invito rivolto a tutti, istituzioni e cittadini europei, di mantenere la pace e la prosperità tra gli Stati Membri, nonché un progetto unitario atto a preservare le diverse culture, tradizioni e lingue presenti nel continente. 

Tuttavia, non si possono ignorare una serie di ostacoli che potrebbero minare il conseguimento dell’uguaglianza linguistica all’interno dell’UE. Nell’epoca della globalizzazione e della tecnologia digitale in cui a dominare è la tendenza all’omologazione linguistica, la diffusione di una o più lingue franche (in primis l’inglese), se da una parte presenta il grande vantaggio di rimuovere le barriere linguistiche e culturali, dall’altra potrebbe porre diversi idiomi europei a rischio di estinzione. Secondo un rapporto pubblicato dalla rete europea Multilingual Europe Technology Alliance (META-NET) nel 2013, la maggior parte delle lingue europee rischia quella che gli esperti definiscono con il termine “estinzione digitale”. Ovvero di rimanere completamente trascurate dai software linguistici perché non godono di sufficienti risorse digitali in grado di rendere una lingua fruibile in quelle che gli scienziati identificano come le quattro aree valutative del supporto tecnologico: traduzione automatica, interazione parlata, analisi dei testi e disponibilità di risorse linguistiche. La teoria che una lingua possa estinguersi qualora la popolazione smetta di parlarla o utilizzarla quotidianamente nei rapporti personali e lavorativi si arricchisce, di conseguenza, di un nuovo tassello. Un idioma può scomparire quando le tecnologie digitali disponibili in quel linguaggio sono scarse o inesistenti, rendendo impossibile soprattutto per chi parla una lingua poco usata o minoritaria di accedere a servizi digitali presenti principalmente in una delle lingue de facto dominanti online. 

Nell’UE si contano circa 24 lingue ufficiali impiegate all’interno delle istituzioni europee. Questo consente a tutti i cittadini di godere di un accesso più diretto e trasparente con le norme comunitarie, interagire con i diversi organi di potere europei, presentare petizioni o richiedere informazioni. Tra queste figurano circa una ventina di lingue a rischio di estinzione digitale per mancanza di risorse digitali: l’islandese, il lettone, il lituano, il bulgaro e il greco sono solo alcuni esempi. L’Islanda, in particolare, è un chiaro esempio di come la scarsa tutela linguistica da parte delle tecnologie digitali possa acuire il fenomeno di quella che Eiríkur Rögnvaldsson, professore di linguistica all’Università d’Islanda, ha chiamato “minoritarizzazione digitale”. L’islandese, lingua maggioritaria nel mondo reale, è diventata una lingua minoritaria nel mondo digitale (software linguistici come Siri e Google Translate non comprendono bene la lingua o non sono in grado di trascriverla correttamente). Di conseguenza molti islandesi, soprattutto la generazione di giovani sotto i quindici anni, come riporta il Sole 24 in un articolo del 2019,  hanno grosse difficoltà a parlare e a scrivere nella propria lingua madre e preferiscono comunicare in inglese. Se si considerano anche le lingue regionali, come il basco e il sardo, il numero arriva a circa ottanta idiomi europei con alta probabilità di estinzione digitale. Tra le lingue meno a rischio o con supporto moderato troviamo il francese, lo spagnolo e l’italiano. L’unico idioma ad aver mantenuto un buon supporto rimane, per ovvie ragioni, l’inglese, la quale è rimasta una lingua ufficiale dell’UE nonostante il divorzio tra Londra e Bruxelles conseguente alla Brexit. Dal rapporto del META-NET emerge che la tecnologia linguistica non consente tuttora a molte delle lingue europee sopra citate di essere tutelate dal progresso digitale. Le forti ed evidenti lacune nei moderni sistemi di diffusione e traduzione automatica sono dovute al fatto che la maggior parte della ricerca e dello sviluppo è dettato dall’idioma di Sua Maestà e che manchi, a livello europeo, una reale strategia che possa colmare il divario tecnologico tra le lingue ampiamente diffuse e  dotate di risorse adeguate e quelle meno utilizzate e prive di supporto tecnologico e finanziario. 

Le iniziative della Giornata europea delle lingue, istituita dalla Commissione europea e dal Consiglio d’Europa, sono molteplici e incoraggiano una maggiore sensibilità alla salvaguardia del patrimonio linguistico-culturale da parte degli Stati Membri, in particolare nell’ambito scolastico e professionale. Un esempio fra tutti è la campagna “Happy together” a Malta per aiutare gli alunni di ogni livello di istruzione e nazionalità a rafforzare la conoscenza della lingua maltese, o l’iniziativa “Limba nostra” in Italia che ha portato alla creazione di nuovi piani di studio per la lingua sarda e gallurese. Per difendere la diversità linguistica nell’UE, tuttavia, servono anche ulteriori misure che assicurino una forte rappresentanza delle lingue europee nei servizi offerti da un mercato digitale limitato dall’utilizzo di lingue ritenute ormai dominanti. La digitalizzazione nell’ultimo decennio ha avuto un forte impatto sull’evoluzione del linguaggio e la comunicazione digitale può contribuire ad ampliare, arricchire e far progredire le lingue. La realizzazione di tale obiettivo dovrebbe riflettersi nel tentativo da parte delle politiche nazionali di devolvere parte degli investimenti europei nelle tecnologie linguistiche. Ciò permetterebbe agli Stati Membri di sviluppare programmi di alfabetizzazione digitale nelle lingue meno utilizzate in rete e consentire una migliore familiarità dei cittadini nei confronti delle risorse digitali e uso della propria lingua in ogni aspetto della vita reale e nelle attività online. In breve, le tecnologie linguistiche sono lo strumento che rafforzerebbe la capacità degli individui non solo di partecipare più attivamente alla vita politica, amministrativa e sociale del proprio paese, ma anche di accedere a servizi digitali offerti in una lingua meno diffusa o minoritaria, arginando così il rischio di estinzione digitale.

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