Tra le molteplici accezioni del termine alfabetizzazione, tra cui quella di tipo funzionale e digitale, la conoscenza finanziaria rappresenta uno dei gradi dello sviluppo delle capacità personali che ogni individuo dovrebbe acquisire per compiere scelte razionali nella vita quotidiana. Secondo la definizione formulata dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) nel 2005, l’alfabetizzazione, o educazione, finanziaria è “quel processo mediante il quale i consumatori/investitori migliorano le proprie cognizioni riguardo a prodotti, concetti e rischi in campo finanziario e…sviluppano le abilità e la fiducia nei propri mezzi necessarie ad acquisire maggiore consapevolezza delle opportunità e dei rischi finanziari”(OCSE, 2005, Recommendation on Principles and Good Practices for Financial Education and Awareness). Per essere più chiari, una solida cultura sugli strumenti finanziari che regolano il mercato dei consumatori, risparmiatori e investitori permette una corretta gestione dei propri debiti e capitali. Inoltre, aiuta a prendere decisioni più responsabili che influiscono su azioni quotidiane di finanza personale, come usare una carta di credito, pagare gli studi ai propri figli, aprire un mutuo con un istituto di credito, creare un’integrazione alla pensione, ecc.
Una buona preparazione finanziaria può essere utile soprattutto in un periodo di crisi come quello della pandemia da Covid-19, che ha cambiato le scelte e abitudini di consumo, risparmio e pagamento di molti individui. In un’intervista per il Sole24 Ore rilasciata a marzo di quest’anno, la direttrice del Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria (Edufin) Annamaria Lusardi spiega in che modo una conoscenza di base di economia e finanza possa aiutare consumatori, risparmiatori e investitori a compiere scelte più razionali nei momenti di difficoltà o di squilibrio economico.
Tre sono le ragioni principali per cui apprendere i rudimenti della disciplina finanziaria dovrebbe diventare una responsabilità di tutti i cittadini e le cittadine: primo, consentirebbe a chiunque di trovare le informazioni di cui necessita, a filtrarle e utilizzarle al meglio secondo il contesto che le richiede; secondo, aumenterebbe la consapevolezza del rischio durante il periodo di pandemia; terzo, guiderebbe i consumatori verso una gestione più accurata dei propri risparmi, specialmente in periodi di forte volatilità nei mercati caratterizzati da tassi di interesse molto bassi o tendenti allo zero. Di conseguenza, più gli attori che operano nel mercato finanziario riescono a migliorare le proprie capacità di comprensione dei prodotti di consumo, risparmio e investimento, maggiori saranno le opportunità di compiere scelte informate, sviluppare l’attitudine al riconoscimento del rischio, conoscere in anticipo gli organi competenti cui rivolgersi per ricevere un supporto o aiuto di natura finanziaria e, infine, migliorare il proprio status socio-economico e il livello di protezione.
I dati sulla cultura finanziaria in Italia, tuttavia, non sono incoraggianti. Una ricerca pubblicata nel 2018 dalla Banca d’Italia intitolata “Measuring the Financial Literacy of the Adult Population: the Experience of Banca d’Italia” ha evidenziato che solo il 30% degli italiani è dotato di alfabetizzazione finanziaria (contro una media OCSE del 62%), con enormi disparità di genere, ruolo professionale e distribuzione territoriale. Il Belpaese si posiziona agli ultimi posti in tema di conoscenza dei meccanismi che regolano il mercato finanziario tra tutti i paesi del G20. Secondo un rapporto del Comitato Edufin del 2020, meno di un terzo della popolazione italiana ha una conoscenza base dei concetti fondamentali dell’economia, quali il tasso di interesse semplice e composto o la relazione tra rischio e rendimento di un investimento. Un’indagine della Banca d’Italia sull’Alfabetizzazione e le competenze Finanziarie degli italiani condotta sempre nel 2020 ha confermato le mancanze in ambito finanziario degli italiani osservate nella precedente indagine del 2017. In particolare, ha dimostrato come il livello di educazione finanziaria cambi secondo l’istruzione (più alto tra i laureati), l’età (i livelli di alfabetizzazione finanziaria più alti si registrano nella fascia d’età compresa tra 35-44, i più bassi tra i più giovani), il genere (le donne risultano meno alfabetizzate sul piano delle competenze finanziarie rispetto agli uomini) e il territorio (l’analfabetismo finanziario si riscontra di più nel Mezzogiorno a differenza del Centro-Nord). Dalle conclusioni dell’indagine si ricava, inoltre, che il 21% degli italiani di età superiore ai 65 anni e privi di diploma ha scarse conoscenze finanziarie, è più incline alla spesa che al risparmio e dimostra poca dimestichezza con gli strumenti e le informazioni del mercato finanziario; il 30% della popolazione di età compresa tra i 55-64 anni ha conoscenze finanziarie insufficienti per prendere decisioni razionali e prudenti di finanza personale; solo il 17% ha un livello di competenza doppio rispetto a quello medio (circa il 32%), con percentuali maggiori tra gli individui di sesso maschile e con titolo di laurea.
I dati non offrono un quadro incoraggiante se si analizza la fascia dei più giovani. Secondo il Rapporto OCSE-PISA del 2018, l’Italia si colloca per l’alfabetizzazione finanziaria dei giovani al 12° posto su un campione di 20 paesi: il 20,9% dei giovani italiani non ha conoscenze finanziarie sufficienti (contro la media OCSE del 14,7%) e solo il 4,5% presenta competenze elevate (contro la media OCSE del 10,5%).
Quali sono le idee da cui partire per affrontare il problema dell’analfabetismo finanziario in Italia? Nel parere della Dott.ssa Lusardi, si dovrebbe partire dalla scuola dell’obbligo, inserendo l’educazione finanziaria nella materia curriculare dell’educazione civica. In questo modo si seguirebbe il modello di molti Paesi, dove lo studio della finanza personale è una materia obbligatoria nelle scuole ed è prevista nei percorsi formativi dell’istruzione secondaria superiore e in diversi corsi universitari. Questo tipo di soluzione, indirizzata soprattutto ai più giovani, potrebbe contribuire a colmare le differenze di genere e geografiche, anche mediante programmi didattici mirati e una maggiore integrazione delle materie finanziarie nei percorsi scolastici e di avviamento professionale.
Tuttavia, ciò non è sufficiente per colmare il gap dell’Italia con le altre economie avanzate. Sebbene l’istruzione rimanga un fattore fondamentale per garantire alle generazioni più giovani livelli adeguati di comprensione degli strumenti finanziari, sono necessari interventi tecnici che coinvolgano anche le famiglie. Nella maggior parte dei casi, l’analfabetismo finanziario deriva dalla bassa propensione di intrattenere conversazioni su temi economici in famiglia. Ciò si traduce in una scarsa familiarità nell’utilizzo dei servizi finanziari di base. Per esempio, in un sondaggio condotto dalla Banca d’Italia all’inizio del 2017 su circa 2.500 persone adulte, solo il 37% degli intervistati era consapevole dei vantaggi della diversificazione del portafoglio e dei rischi che possono intercorrere dall’acquisto di azioni e titoli.
L’emergenza Covid-19 sembra meglio rappresentare le conseguenze della bassa disposizione delle famiglie italiane all’alfabetizzazione finanziaria: chi non disponeva di alte conoscenze finanziarie ha sostenuto di avere avuto più difficoltà dal punto di vista economico a gestire le proprie spese e risparmi. Specialmente in periodi di shock economici simmetrici caratterizzati da grandi incertezze, come quello che si è verificato inaspettatamente con la pandemia del coronavirus, una maggiore cultura finanziaria aiuterebbe molte famiglie ad affrontare i problemi del presente per costruire un futuro più sicuro per il proprio patrimonio.