Si è conclusa dopo 20 anni la missione dell’Occidente in Afghanistan; 20 anni in cui si le forze NATO hanno tentato di creare uno Stato senza avere una vera e propria missione di nation-bulding e in cui a rimetterci sono state donne e bambini, che hanno perso nuovamente i diritti, primo fra tutti, quello allo studio.
La situazione in Afghanistan negli ultimi 40 anni non è mai stata in grado di offrire stabilità alla popolazione; fin dall’invasione sovietica, infatti, il Paese ha vissuto nella costante situazione di instabilità ed incapacità di poter garantire un futuro alla propria popolazione. Il conflitto, che a partire dall’invasione statunitense successivamente all’attacco dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle di New York ha tormentato il Paese, ha aumentato i livelli di povertà e reso meno solidi i meccanismi di ripresa della popolazione, aumentando la vulnerabilità di alcune categorie specifiche della popolazione afghana. I livelli di povertà sono altissimi e l’insicurezza alimentare è diffusa, così come è notevolmente diminuita la possibilità di accesso alle strutture igienico-sanitarie e all’acqua potabile.
Tali deficit di sicurezza nel corso degli anni hanno inficiato notevolmente anche la qualità della vita soprattutto dei ragazzi e delle donne, andando a limitare dei diritti fondamentali, tra cui quello del diritto allo studio. Al di là del terribile costo in termini di vite umane, il conflitto ha colpito anche tutti gli aspetti della vita dei bambini che si ritrovano ad affrontare ancora enormi ostacoli nell’accesso ai servizi di base come l’assistenza sanitaria e l’istruzione. In Afghanistan l’alfabetizzazione, che è alla base di ogni processo di riconoscimento e dignità sociale, è un diritto garantito solo a una ristretta minoranza di donne e bambine, meno del 25 % nelle aree rurali.
Il dato drammatico sulla questione dell’alfabetizzazione, però, riguarda soprattutto le donne. Il rapporto UNICEF del 2019 mostra come il conflitto in Afghanistan abbia aumentato le differenze sociali; la popolazione, inoltre, composta per il 60% da ragazze, diserta le aule. Un dato dramamtico, che testimonia come il tasso di scolarizzazione sia basso per un paese in cui il diritto allo studio dovrebbe rappresentare una stabilità sociale in grado di garantire una routine ai bambini e alle ragazze, in quanto la scuola è un investimento data l’instabilità del Paese. Lo studio evidenzia che lo sfollamento e i matrimoni precoci colpiscono in modo significativo anche le possibilità di andare a scuola di un bambino, mentre la carenza di insegnanti donne, le scarse strutture scolastiche e l’insicurezza che colpisce il settore dell’istruzione nelle aree coinvolte nel conflitto, sono inoltre fattori che portano i bambini ed in particolare le ragazze lontano dalle aule. Sebbene queste cifre siano preoccupanti, assistiamo anche a progressi e speranze.
Il rapporto evidenzia ad esempio che i tassi di abbandono scolastico, al 2019, erano piuttosto piuttosto bassi, in quanto l’85% dei bambini e delle bambine che iniziano la scuola primaria arrivano a completarne il percorso. Il tasso diventa ancora più alto se si fa riferimento alla scuola secondaria inferiore, dove il 94% dei ragazzi e il 90% delle ragazze ne completano tutti gli anni. È evidente che la sfida principale che abbiamo di fronte è far sì che tutti i bambini possano iniziare il percorso educativo. Oltre a proteggere gli alunni e le scuole dai pericoli, lo studio identifica quattro punti d’azione principali:
- Dare la priorità alle province afghane con numero più alto di bambine e ragazze escluse dal sistema dell’istruzione, collaborando con i leader religiosi e altri gruppi per sostenere una maggiore istruzione, soprattutto per le ragazze
- Assicurarsi che le strutture educative femminili siano conformi agli standard basilari di sicurezza e salute (ad esempio che siano fornite di bagni, strutture per lavarsi le mani e acqua potabile)
- Assumere insegnanti donne e rafforzare le loro capacità
- Contrastare i matrimoni precoci.
Con l’avanzata iniziata ai primi di agosto da parte dei talebani la questione dell’alfabetizzazione e soprattutto della situazione delle donne afghane è tornata in auge in maniera preoccupante. Mentre il gruppo di fondamentalisti islamici ha assicurato che preserverà i loro diritti, in base alla legge islamica, e garantirà loro un ruolo nel futuro esecutivo, sono molte le donne afgane che temono di perdere i risultati conquistati nel corso degli ultimi venti anni. Il 16 agosto, il giorno successivo all’insediamento del gruppo islamista nella capitale, le donne di Kabul sembravano comportarsi come al solito, indossando abiti colorati e alla moda, mentre altre sono scese in piazza reclamando un ruolo nel futuro governo afgano. Al contempo, negli ultimi giorni, sono stati segnalati casi di impiegate a contatto con il pubblico che, una volta recatesi a lavoro, sono state costrette a ritornare a casa. Alcune famiglie sarebbero poi state costrette a consegnare le proprie figlie per sposare combattenti talebani nelle zone controllate dal gruppo.
La situazione da ora in avanti rischia di precipitare ancora di più, portando il Paese afghano e soprattutto un grande numero di bambini, bambine e ragazze ad un Medioevo culturale che non è accettabile.