ARTE&CULTURA

Chernobyl, dal disastro alla serie tv: una cultura post esplosione.

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La notte del 26 aprile 1986, all’una, 23 minuti e 45 secondi, vi fu la prima delle esplosioni che distrussero il reattore Rbmk-1000 del blocco 4 nella centrale elettronucleare “Vladimir Il’ič Lenin”, a tre chilometri da Pryp “jat” e a 18 da Černobyl, in Ucraina. Si è calcolato che in quattro secondi il reattore raggiunse una potenza cento volte superiore a quella nominale (fonte: Rapporto generale, United Nations Scientific Commitee of the Effects of Atomic Radiation, pag. 314). A oggi è il più grave incidente mai verificatosi in una centrale nucleare, uno dei due, con quello di Fukushima Dai-ichi del marzo 2011, classificato di livello 7 (“catastrofico”) nella scala Ines dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica; una bomba radioattiva 500 volte più potente di Hiroshima, da allora Chernobyl è rimasta la cattedrale della distruzione che fu. Almeno 30mila morti, nell’immediato e nei decenni successivi. Mezzo milione di sfollati. Cento fra città e villaggi svuotati. Cinque milioni di persone destinate a costanti controlli medici. 2.800 km quadrati d’acque, flora e fauna contaminati per sempre.

ma cosa accade oggi a 35 anni da questa catastrofe? quali sono stati i risvolti culturali e le scelte politiche generate da questo disastro?

E’ chiaro che quando parliamo di Chernobyl sono tante le sfaccettature che potremmo analizzare; dalla questione legata alla salute, a quella riferita alla democratizzazione dell’URSS da quel momento in poi, delle “colpe” da imputare e del disastro ambientale generato; oggi però vorremmo provare ad analizzare il fenomeno dal punto di vista culturale; si, perchè se è vero che l’impatto ambientale dell’evento è più che evidente, le implicazioni sociali e culturali lo sono molto meno.

Lo shock provocato dall’incidente è una variabile fondamentale per comprendere tutte le scelte non nucleari compiute dall’Ucraina post-sovietica, che ha abbracciato in pieno i tre principi di non proliferazione, non acquisto e non vendita di armi nucleari che sono alla base del Trattato del 1968. Alla dissoluzione dell’Urss, infatti, rimasero sul territorio ucraino le bombe Rs-18 e Rs-22, dieci volte più potenti degli ordigni di Hiroshima e Nagasaki, oltre a svariate armi tattiche e a due scudi nucleari: di fatto, l’Ucraina era la terza potenza nucleare del globo. Ma il primo Presidente della nazione indipendete, Leonid Kravchuk, scelse di trasferire alla Russia tutte le armi ex-sovietiche: col memorandum di Budapest, 1994, l’Ucraina rinunciò alle armi nucleari, ricevendo in cambio l’impegno degli altri firmatari, tra cui il governo di Mosca, a rispettare la sua indipendenza politica e la sua integrità territoriale. oltre all’Ucraina stessa, Chernobyl, fece da specchio predittore per tante nazioni che incrementarono i controlli di sicurezza sulle centrali e arrivarono a mettere in discussione la costruzione stessa delle stesse su territorio nazionale.

È bastata una nuova miniserie tv, “Chernobyl”, prodotta da HBO con Sky Uk e trasmessa da inizio giugno 2019, per ridare vita al mito della centrale nucleare sovietica e dopo il suo successo la zona contaminata ha attirato più di 120.000 turisti. Le cinque puntate raccontano la storia del disastro di Černobyl’ e seguono gli uomini e le donne che si sono sacrificati per salvare l’Europa da un disastro nucleare. Le vicende raccontate si basano, in buona parte, sui resoconti degli abitanti di Pryp”jat’, raccolti dalla scrittrice Premio Nobel per la letteratura Svetlana Alexievich nel suo libro Preghiera per Černobyl’,[1] oltreché sul saggio Chernobyl 01:23:40 di Andrew Leatherbarrow.

Prima dello stop causato dalla pandemia Covid-19, Chernobyl aveva raggiunto nel 2019 il numero record di 124.000 turisti, contro i 72.000 dell’anno precedente. Il sito potrebbe persino ricevere fino a un milione all’anno, afferma entusiasta Tkachenko. Il ministro insiste tuttavia sulla necessità di far capire ai visitatori che non si tratta di una “semplice avventura in territorio proibito” ma che ora il Paese più colpito dalle radiazioni vorrebbe trasformare quest’area in un “luogo della memoria didattico”

«L’area di Chernobyl è già un’attrazione famosa in tutto il mondo», ha detto alla stessa agenzia la guida Maksym Polivko con la speranza che possano aumentare qui le infrastrutture turistiche. Esiste in altri luoghi del mondo un turismo dell’orrore, per molti quello verso l’area del disastro alla centrale avrebbe anche il peso di un monito: perché non accada mai più quello che è successo a Pripyat, diventata città fantasma.

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