Analizzare i rapporti tra fotografia ed educazione significa addentrarsi nell’esplorazione del senso che la produzione e la fruizione di immagini può assumere all’interno di una prospettiva di promozione di pensieri e di costruzione di relazioni e all’interno dei contesti educativi e formativi.
La fotografia, come molte altre forme artistiche, permette innanzitutto di entrare in contatto con la bellezza, con un’esperienza che va oltre il quotidiano: l’esperienza del bello. La riflessione sulla potenza pedagogica del bello si deve ad autori come Schiller, Dewey, Proust, Bloch, Heidegger, Marcuse, Gadamer, Adorno che hanno esaltato il concetto di estetica come “salvezza”: è grazie all’arte che il vissuto si “salva” e si rivela con i suoi significati, è grazie all’educazione estetica che si rende possibile la “cura di sé”.
La ricezione estetica di un’opera, di un quadro, di un paesaggio, comporta l’instaurarsi di un dialogo interiore che permette di affinare e ri-orientare i propri vissuti. La ricezione di un’espressione artistica ha pertanto innumerevoli potenzialità formative. Ma la fruizione dell’arte ha ulteriori funzioni. La prima funzione è psicologico-esistenziale, in quanto l’arte permette di appropriarsi di un testo, di portarlo a sé e al proprio vissuto. C’è poi una funzione che attiene alla competenza tecnica, mentre sul piano cognitivo la fruizione artistica comporta un approfondimento della conoscenza.
L’arte ha anche una funzione sociale che consiste nella sua capacità di rispecchiare la società, criticarla e, talvolta, superarla, insieme ad una funzione culturale e storica poiché assume strategie diverse di epoca in epoca. Infine essa assume una funzione utopica in quanto annuncia un modo ulteriore di stare nell’esperienza .
La ricchezza della fruizione risiede nell’atto dialettico che sta in bilico tra forma e interpretazione, tra oggettivazione della forma e soggettivazione dell’interpretazione. È in questo modo che, attraverso il dialogo col bello, si può sviluppare quella cura che consiste nell’aprirsi al mondo per acquisire più ricchezza, più consapevolezza, più umanità.
La fotografia non è un soggetto innovativo per la scuola se la si considera nella sua funzione descrittiva, viene infatti utilizzata da sempre come supporto per la comprensione di determinati contenuti di storia, storia dell’arte, geografia. Quello che sembra essere poco studiato è invece l’inserimento del rilevamento fotografico da parte di alunni, all’interno di una concezione che conferisce loro il ruolo di attori protagonisti dell’esperienza fotografica.
Le immagini fotografiche prodotte all’interno dei contesti educativi assumono funzioni comunicative importanti: informano, descrivono, emozionano, attribuiscono valori e significati al lavoro quotidiano che viene svolto nel contesto. La comunicazione attraverso la fotografia è data dalla forza e dall’unicità che in uno scatto concentra un’idea ed un’interpretazione di una situazione. Date queste premesse, l’utilizzo del dispositivo fotografico può rappresentare uno strumento estremamente funzionale per la gran parte delle attività svolte nei contesti educativi e formativi.
In particolare, si possono descrivere tre cardini metodologici su cui poggia l’utilizzo della fotografia all’interno di queste tipologie di contesti: l’osservazione, la sperimentazione e la narrazione. L’osservazione riveste un ruolo di primo piano nel contesto educativo, rappresenta lo strumento elettivo per l’analisi e la conoscenza dello stesso ed è a partire da essa che il contesto può venire trasformato in funzione dei processi in corso (Cecotti, 2016).
È proprio attraverso l’attività di osservazione che è possibile riflettere sulle pratiche poste in essere e sperimentare cambiamenti e miglioramenti.
Anche se nella letteratura pedagogica non esiste una review che sintetizzi i vari utilizzi del dispositivo fotografico in contesti educativi, come si è visto, sono molte sono le aree in cui questo strumento viene applicato. Le immagini e le fotografie possono dunque diventare un potente strumento comunicativo nelle mani di educatori e pedagogisti, a partire dal contesto del nido fino ad arrivare all’età adulta.
La comprensione delle opportunità offerte dall’utilizzo delle fotografie potrebbe portare a massimizzare le qualità comunicative (la comprensione) e generative (la nascita di nuove idee) di questo strumento come linguaggio della ricerca educativa. Qualunque sia lo strumento di intervento utilizzato, il presupposto è sempre quello di instaurare una comunicazione generativa, una comunicazione che consenta di generare identità, scambi, relazioni sociali, atti condivisi e che possa contribuire a creare e sostenere una cultura condivisa, in cui le persone possano sentirsi protagonisti attivi.
La pedagogia deve confrontarsi, oggi più che in passato, con i cambiamenti indotti dal processo di globalizzazione e con i mutamenti che intervengono in tutte le dimensioni dell’esperienza umana, ivi compresa quella dell’infanzia. Per tutti questi motivi è sempre più necessario che la pedagogia si interroghi sulle teorie e le prassi che guidano il suo intervento e su quali di esse siano più funzionali in relazione ai mutamenti del contesto socio-culturale. La fotografia, in questo senso, con tutte le peculiarità qui delineate, si presta ad essere un ottimo e trasversale strumento di intervento pedagogico, che necessità come tutti i metodi, di un’attenta riflessione sulla sua declinazione in riferimento agli obiettivi educativi e formativi.
Si tratta di formare professionisti che agiscano in “maniera riflessiva” che si pongano come ricercatori e – grazie a tale atteggiamento – accrescano conoscenze e competenze riflettendo sull’azione mentre essa si svolge (Schön, 1993)
Fonte: Farnaz Farahi, Università degli studi di Firenze.