GEOPOLITICA

La comunicazione geopolitica ai tempi delle Emoji!

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Le emoji ormai fanno parte in modo imprescindibile del nostro modo di comunicare virtualmente. In questo articolo cerchiamo di raccontare come le emoji stanno facendo evolvere anche il modo di fare politica e come questo metodo comunicativo ha influenzato il modo di fare politica negli ultimi anni, con l’avvento anche di Trump e Salvini. 

L’uso delle emoji può modificare la percezione che altri individui possono avere di noi, influenzando anche le nostre relazioni sociali; tale affermazione è frutto di uno studio pubblicato in “Cognitive Science” dalla cyber-psicologa Linda Kaye, dell’Università britannica di Edge Hill; a margina di tale lavoro è stato, inoltre, pubblicato anche l’Emoji Word Bot, il primo vocabolario al mondo utilizzato per una traduzione multilingue delle emoticon. Esso rappresenta un fruttuoso lavoro nel campo della linguistica, che punta a costruire un linguaggio nuovo e fruibile a tutti. L’utilizzo delle emoji, quindi, è in grado di influenzare il rapporto tra le persone e portare la trasformazione del linguaggio della comunicazione digitale; figurarsi, allora, come possa influenzare il rapporto fra Stati.

Eppure non è così impossibile dimenticare la comunicazione trumpiana dal 2016 al 2020, fatta di fake news, notizie ribaltate ed emoj; quando si trovava sotto nei sondaggi, ha cercato a più riprese di cambiare la sua comunicazione, la stessa che lo aveva portato al successo nel 2016. Sicuramente il Trump politico  riuscì a vincere per il uso linguaggio semplice, diretto, chiaro, con le emoji che hanno reso la sua comunicazione popolare, quasi a far capire che fosse simile a coloro che si inviano migliaia di messaggi al giorno su What’s App.

oppure dimenticare la strategia comunicativa di Salvini, tanto da  essere soprannominata come la bestia; negli ultimi anni abbiamo visto un aumento del consenso sociale nei confronti del suo partito prprio per la sua retorica, la sua comunicazione popolare, fatta di panini, rosari e facili emoticon. Nell’epoca d’oro dei social network la collezione dei like e delle ri-condivisioni l’ha fatta da padrone; una politica basata su un’immagine costruita su like e follower, che aiutano a rendere più piacevole l’immagine di sé stessi; la politica della destra italiana è nata proprio così, basandosi su una impostazione della realtà basata su bacheche social e sponsorizzazioni.

Infine il tweet diventato virale, in senso negativo, dalla pagina ufficiale di Israele, per una serie ripetuta di razzi pubblicati, tanti quanti quelli lanciati contro il popolo Palestinese. Cercare di creare emozioni forti, meglio ancora se negative, cercare di dare reazioni negative, attraverso emoticon arrabbiate o tristi, secondo un filo conduttore ben delineato: paura, disgusto, rabbia sociale, elementi che oggi vengono rappresentati degnamente da emoji e GIF, tanto da facilitare la viralità di un post.

Le emoji stanno sempre più avendo la capacità di inserirsi nel nostro contesto giornaliero così da normalizzare, per cercare di normalizzare ciò che è ancora è visto come qualcosa di anormale. Ad oggi è possibile vedere anche uomini che si tengono per mano ed in futuro potremmo anche vedere nuove emoji, come quello inginocchiato per motivi di protesta. È ciò che è successo in America, dopo la morte di George Floyd e la nascita del movimento Black Lives Matter, i movimenti che combattono per un’America senza discriminazioni. 

È ciò che avviene ogni anno nel mese di Giugno, con le emoji della bandiera del pride, che ancora oggi è praticamente vietata in alcuni Paesi, come la Cina o la Russia, dove non sono presenti emoji di questo genere. È ciò che è presente tutt’ora con la presenza tra le emoji-bandiere di quella del Kosovo, come una sorta di “minaccia” verso il popolo serbo, quasi ad avvertirli che anche nella comunicazione il Kosovo è presente, nonostante non sia uno stato riconosciuto a livello internazionale. 

Insomma il linguaggio attuale non è più un linguaggio solo per giovani, ma anche un modo per mandare specifici messaggi, chiari, per poter cercare di governare il mondo; cercare di parlare di politica, di ISIS, di unioni civili, di diritti sociali, di guerre, di cambiamento climatico. Tutto questo necessita però di sfacciataggine, non cè la possibilità di essere timidi; non si può basare una comunicazione politica sulle tre scimmiette, che non vedono non sentono e non parlano. Una comunicazione che a tratti diventa anche barbara, cruenta ed efficace. 

Dunque non solo la politica ma anche la geopolitica trova spazio nei social, nella comunicazione quotidiana, anche all’interno dei nostri smartphone; discorsi che possono sembrare piccolezze, ma che ad oggi sono necessarie. Normalizzare vedere due uomini su un emoticon per normalizzare ciò che è l’amore universale, normalizzare la visione di un emoticon di una persona di colore per garantire una maggior inclusione. Dettagli, che permettono di fare politica in maniera sempre più semplice ed efficace. 

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