L’obbligo di salvare la vita in mare costituisce un preciso obbligo degli Stati e prevale su tutte le norme e gli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare.
Il mare è imprevedibile, insidioso. Per questo dall’alba dei tempi chi lo ha solcato ha voluto leggi chiare e universali, per tutelare la vita come bene supremo nella battaglia impari con le forze della natura. Le leggi del mare sono diverse da quelle che valgono sulla terraferma: sono più essenziali. Valgono nello spazio ristretto di un’imbarcazione che taglia le onde. In mare non ci sono stranieri o cittadini, clandestini o rifugiati, ma solo naviganti e naufraghi. I primi sono costretti da una legge naturale a soccorrere i secondi. Perché, come nel riflesso di uno specchio, tutti i naufraghi sono stati naviganti, tutti i naviganti potrebbero diventare naufraghi.
Questa logica binaria obbliga le imbarcazioni che vanno per mare a soccorrere chi è in difficoltà. Davanti a questo stato di necessità tutti gli altri interessi passano in secondo piano. Il mare non ha leggi, per questo c’è la legge del mare, estremo tentativo degli uomini di controllare le circostanze di pericolo in cui potrebbero trovarsi e, insieme, riconoscimento della propria inferiorità di fronte a un elemento naturale così potente.
Spesso sono più che evidenti i segni che i confini degli stati lasciano sui corpi, ho sentito i racconti di chi si è affidato al mare perché pensava che, come un lago, fosse facile da attraversare, oppure di chi non ha trovato nessun altro modo di tornare a casa dopo aver passato mesi, addirittura anni lontano dal proprio paese, rinchiuso in un carcere libico. Il mare regala e toglie, e in questa settimana più che mai sembra che il mare sia qui per darci una grande lezione. L’atto di accogliere e di ricevere, il mare, sa riprodurlo senza sosta, ad ogni onda, sarà forse da lui che anche questa volta dovremmo imparare?
Il mare ha le sue leggi. Quelle non scritte sono radicate nel cuore di quanti sul mare e del mare vivono. E la legge più importante è anche la più semplice: se qualcuno è in difficoltà bisogna soccorrerlo. Perché in mare non esistono stranieri, ma solo uomini, persone. È stato sempre così. Lo sanno i vecchi marinai e i pescatori, che conoscono il valore della solidarietà, soprattutto quando quell’immensa distesa d’acqua da fonte di vita diventa improvvisamente pericolo incombente.
Non è un mare vasto il Mediterraneo, ma per chi vi si avventura a bordo di imbarcazioni fatiscenti appare come una sterminata barriera, e le sue coste luogo di respingimenti anziché approdo sicuro e accogliente. Quel mare nostrum – cioè di ogni popolo che di esso ha vissuto e ancora in parte vive grazie a pesca, commerci e turismo, e che ha contribuito a costruire storia e identità culturale dell’occidente – oggi sembra una frontiera invalicabile, che divide non solo continenti, ma mondi timorosi di incontrarsi. Per la verità, ad aver paura è soprattutto quella parte di mondo che, stretta tra crescente denatalità e fame di mani pronte a lavori che nessuno vuol più fare, meno avrebbe da temere e molto da guadagnare. Ma l’Europa, che pure si dice aperta, vista dall’altra parte del mare appare spesso come una inespugnabile fortezza.
I migranti internazionali, cioè le persone che si sono spostate dalla propria terra d’origine nel 2019 erano arrivati a 272 milioni. Significa che un abitante della Terra su 30 (3,5% della popolazione) è un migrante. Il dato emerge dalla 30esima edizione del Dossier statistico immigrazione del Centro Studi e Ricerche IDOS. Il documento analizza, come ogni anno, lo stato delle migrazioni in Italia e nel mondo e mette in luce come nell’ultimo periodo i migranti siano “cresciuti di 14 milioni ogni due anni (erano 258 milioni nel 2017 e 244 milioni nel 2015) e oggi sarebbero 1 miliardo se vi si includessero anche i migranti interni” .
Questi numeri sono significativi e ci permettono di dire che il Mar Mediterraneo è ancora il crocevia di cultura, di commercio, popoli che era in passato. Ciò che però lascia ancora interdetti è che pur essendo circondati dal mare la terra continua a dividere e legiferare diversamente da quanto la legge naturale delle cose prevede. Attenzione, siamo lontani da utopie e buonismo, ciò che ci interessa affermare con forza oggi è il nostro legame con i principi che l’accoglienza fa parte della natura, cosi come il mare che non si stanca di accogliere e traghettare.