Il Mar Mediterraneo è, da sempre, un’area strategica per i commerci e le economie mondiali.
Fin dall’antichità le sue acque ospitarono le più importanti rotte commerciali delle maggiori civiltà dell’epoca; nel corso dei secoli le vicissitudini storiche, i cambiamenti geopolitici, gli sviluppi tecnologici hanno mutato continuamente la realtà, il bacino del Mediterraneo continua ancora oggi a essere un elemento nevralgico dell’economia mondiale, considerando che dalle sue acque passa oltre il 15% dei traffici commerciali marittimi di tutto il Pianeta.
Questo nonostante le grandissime criticità che affliggono l’area; problemi che riguardano le profonde disuguaglianze economiche tra i paesi sulle sponde a nord e a sud del Mediterraneo, delicati e incerti processi di democratizzazione e conflitti, spesso decennali, che generano instabilità politiche.
Tutti elementi che minano alle fondamenta i complessi processi di controllo e gestione dei traffici da parte degli stati affacciati sul mare.
Conseguenza di tale situazione è l’ingresso e la conquista di posizioni da parte di realtà extra-mediterranee, tra le quali è possibile citare ovviamente Cina, Stati Uniti e Russia, nonché la Turchia, che affacciandosi sul Mediterraneo continua la sua politica di espansione, nota come la “Madre Patria Blu”, alla conquista di nuove Zone economiche esclusive (le ZEE).
L’Italia è un caso esemplare di perdita di posizioni commerciali nell’area. Eppure, lo stivale ha storicamente ricoperto un ruolo strategico di primo piano nel Mediterraneo, proprio per la posizione centrale all’interno del bacino; invece, negli anni ha visto affievolire il proprio peso politico-economico e perso la sua tradizionale centralità, con il declassamento dei suoi principali porti a vantaggio di altri scali europei mediterranei e sud-mediterranei.
L’altra grande criticità che affligge il Mediterraneo è il cambiamento climatico. L’area è infatti maggiormente colpita rispetto alla media mondiale e le acque hanno subito negli ultimi decenni un innalzamento record della temperatura, oltre che della salinità.
Alla luce di ciò, il bacino e gli stati che vi si affacciano si trovano di fronte a una sfida epocale che potrebbe, se affrontata efficacemente, trasformarsi in una opportunità.
Proprio in questo senso va inteso l’incontro svoltosi il 2 febbraio tra i ministri degli stati membri dell’Unione del Mediterraneo, Unione Europea e i 15 paesi del Mediterraneo meridionale e orientale. Il vertice era focalizzato infatti proprio sui temi della sostenibilità e dell’economia blu, centrali per arginare l’emergenza ambientale globale e particolarmente cruciale per il Mare Nostrum.
I ministri hanno concordato un migliore impiego dei cluster marittimi e la pianificazione dello spazio marittimo, discusso di transizione a tecnologie a basse emissioni ed economia circolare; al centro del dibattito anche la lotta ai rifiuti marini, le energie marine rinnovabili e il turismo sostenibile.
Al termine dell’incontro, il commissario europeo all’ambiente Virginijus Sinkevičius ha affermato «I ministri dell’Unione per il Mediterraneo hanno concordato la transizione verso un’economia blu veramente sostenibile, come parte della nostra strategia per uscire dalla crisi del Covid-19 e affrontare le gravi effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale. È un passo fondamentale verso la gestione sostenibile del Mediterraneo – il nostro mare comune – e un contributo alle ambizioni dell’European Green Deal europeo».
Si tratta di un percorso in più tappe, difficoltoso, viste le criticità in essere, ma che potrebbe attribuire al Mediterraneo e ai paesi del bacino una nuovo protagonismo focalizzato sulle imprescindibili sfide del presente e del futuro.