ENERGIA&AMBIENTE

Cambiamenti climatici e flussi migratori: i rifugiati climatici!

Spread the love

Negli ultimi anni diversi esponenti del mondo politico internazionale hanno espresso le loro preoccupazioni sugli effetti dei cambiamenti climatici sui flussi migratori e di come il riscaldamento ed il degrado ambientale stia portando la necessità di riconoscere coloro che fuggono da eventi climatici catastrofici: i rifugiati climatici

CAMBIAMENTI CLIMATICI E REGIME GIURIDICO

Si legge spesso che i cambiamenti climatici siano una sfida globale senza precedenti. Come espresso nel Report dell’intergovernamental Panel on Climate Change sono sempre più evidenti gli effetti del riscaldamento globale rispetto ai livelli pre-industriali; per quanto riguarda l’incertezza sulle dimensioni della minaccia dei cambiamenti climatici è anche vero che essi sono riconducibili spesso ad una questione geografica , ma dipendenti anche da due fattori cruciali: la capacità di calcolo degli effetti possibili e il comportamento delle perturbazioni di fronte ad ulteriori aumenti della temperatura del Pianeta. 

I dubbi legati alla questione climatica sono presenti anche nelle discussioni giuridiche internazionali, per cui ci si domanda se si può iniziare a parlare di rifugiati climatici. A partire dal 2010 il “Norwegian Refugee Council affermava che più di 42 milioni di persone nel mondo erano forzate a spostarsi a causa dei cambiamenti climatici, soprattutto in due aree specifiche: Africa ed Asia. Solo un anno dopo, invece, i dati del 2011 dell’International Disaster Database, hanno dimostrato che la situazione era gravemente peggiorata in quanto i disastri ambientali si erano moltiplicati in tutti i Continenti, con circa 206 milioni di persone che erano state colpite e una stima di danni economici pari a 380 miliardi di dollari. È lampante ormai che, a causa delle catastrofi naturali che sempre con più frequenza colpiscono la Terra, milioni di persone sono costrette a fuggire dai propri paesi alla ricerca di condizioni di vita migliori; sono i cosiddetti “migranti o rifugiati climatici”. Ma a livello internazionale vi è una giurisdizione che gli garantisce tale riconoscimento? 

Da un punto di vista formale, l‘espressione “rifugiato climatico” è impropria poiché non si fonda su nessuna norma presente nel diritto internazionale, in quanto non riesce a riflettere l’interazione tra cambiamento climatico e flusso migratorio. Molti giuristi si sono posti il problema se tale definizione di rifugiato climatico possa essere riconducibile anche alla Convenzione sui rifugiati di Ginevra del 1951; tuttavia ciò non è possibile in quanto tale Convenzione non riconosce la causa ambientale come un possibile modello di persecuzione. Malgrado non sia un’espressione riconosciuta a livello internazionale in maniera ufficiale, i rifugiati climatici hanno comunque diritto alle forme di protezione riconosciute dalla comunità internazionale. 

Nella risposta ai cambiamenti climatici deve essere coinvolta, quindi, anche l’UNHCR, ovvero l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, in quanto anche se i rifugiati sono riconosciuti a livello giuridico come coloro che fuggono da guerre e persecuzioni, è innegabile che il cambiamento climatico può soltanto peggiorare la situazione in cui una comunità può vivere, andando ad aumentare il rischio alimentare e peggiorare, quindi, le condizioni di vita; in riferimento a quanto appena detto, inoltre, il cambiamento climatico è una evidente causa anche del peggioramento dei servizi sanitari e del sistema educativo, aggiungendo spesso difficoltà di governance e di accesso alle risorse, portando così ad affrontare sfide che derivano anche da questioni socio politiche. A livello internazionale, quindi, è necessario che tutti gli attori adottino misure concrete per poter attenuare le vulnerabilità delle comunità che rischiano di dover fuggire a causa del cambiamento climatico; per poter prendere delle decisioni occorre, quindi, integrare e stabilire il collegamento tra cambiamento climatico, vulnerabilità e flusso migratorio di tipo forzato, per mettere in pratica delle politiche id prevenzione ed affrontare in maniera concreta ed effettiva le sfide del futuro.

MIGRAZIONI E CAMBIAMENTI CLIMATICI: LE AREE PIÙ COLPITE

Se la futura sfida è quella di cercare di prevenire eventuale flussi migratori causati dai cambiamenti climatici, già oggi vi sono degli esempi evidenti di come il cambiamento climatico interagisca negativamente con altre tendenze globali.La regione del Sahel è quella, attualmente più a rischio; con un aumento annuale della popolazione pari al 2%, è previsto un raddoppio di essa in poco più di 20 anni e un aumento della temperatura in tutta l’area che rischia di essere maggiore del limite massimo imposto dai tratti internazionali: +1,5°C. Nel complesso, l’aumento della popolazione andrà di pari passo ad una diminuzione del suolo e di conseguenza della produzione agricola. 

Gli stessi problemi visibili nel Sahel sono già presenti, anche se in misura minore, in altre aree del Mondo: Africa occidentale, Sud-est Asiatico, India, Bangladesh, Egitto; tutte aree del globo che già partono da situazioni economiche di forte svantaggio, così come l’area del Pacifico meridionale che rischia un innalzamento del livello del mare di più di un metro. Tuttavia ogni regione, nel prossimo futuro, avrà le sue sfide da affrontare, ma la necessità è quella di porre dei programmi di investimento per non costringere le persone alla fuga, creare dei sistemi e modelli in grado di pensare ad un futuro sostenibile e che dia risposte certe per la lotta al cambiamento climatico. 

Potrebbe piacerti...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *