ARTE&CULTURA

Le guerre dei bambini: dal 1945 ad oggi!

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Durante l’estate del 1945, poco prima che la Seconda Guerra Mondiale finisse, Hitler, a corto di soldati, arruolò milioni di giovanissimi ragazzi e li spedì a combattere.

Inizialmente la Gioventù hitleriana (Hitlerjugend), organizzazione con lo scopo di radicare l’ideologia del nazionalsocialismo, indottrinava giovanissimi (dai 10 anni in su) e li preparava a servire il Paese nelle forze armate e divenire «buoni cittadini», attraverso un sistema di addestramento militare e paramilitare. Con il proseguire del conflitto, l’età media di chi andava in guerra si abbassava sempre più; nel 1944 si partiva a 16 anni mentre i più giovani erano destinati a condurre operazioni di guerriglia. Nei mesi finali della Seconda Guerra Mondiale le forze armate tedesche abbassarono ulteriormente l’età minima di arruolamento reclutando nelle scuole. Questi  minori venivano grossolanamente addestrati e inviati a compiere missioni e, in caso di insubordinazione o fuga, venivano processati sommariamente da una corte marziale e condannati a morte, oppure giustiziati sul posto. 

Il film “Land of mine – sotto la sabbia”, del regista Martin Zandvliet, racconta la storia di un gruppo di giovanissimi tedeschi che, a guerra finita, si ritrovano prigionieri militari dell’esercito danese. Sulle spiagge della costa occidentale della Danimarca  erano allora seppellite 2 milioni di mine, sparse dai nazisti per impedire lo sbarco degli angloamericani, che essierroneamente credevano sarebbe avvenuto lì. Migliaia di soldati tedeschi, in buona parte minorenni, furono deportati in violazione della Convenzione di Ginevra, per far sì che riparassero al danno inferto al mondo dal regime nazista. I giovani soldati furono costretti a muoversi carponi su spiagge assolate, affidando la vita alla capacità di un bastoncino di scendere quanto più possibile nelle profondità della sabbia umida, col sangue freddo di esperti artificieri. Più della metà di loro morirono o rimasero mutilati. La realtà narrata nel film  testimonia che le guerre non finiscono nel momento in cui si dichiara il cessate il fuoco e soprattutto mostra quanto crudele possa essere il sentimento di vendetta, che porta a desiderare una punizione atroce verso il nemico, anche se questo è incarnato da bambini di 14 anni. 

La pellicola, che svela un episodio ignoto dell’immediato dopoguerra, ha ottenuto 1 candidatura a Premi Oscar, ha vinto 3 European Film Awards.

Durante la Seconda Guerra Mondiale molti minori vennero arruolati sia da parte delle potenze dell’Asse che dagli Alleati. Alcuni di questi giovanissimi ragazzi si offrirono volontariamente come soldati mentre altri furono arruolati coercitivamente; fatto sta che a fine guerra si contarono milioni di bambini uccisi oppure orfani. Fino a quel momento infatti c’erano pochissime leggi a tutela dei minori. Nel 1919 fu adottata la convenzione sull’età minima, mentre nel 1924 naque la dichiarazione dei diritti del bambino. Poi, finalmente, nel 1948, a guerra terminata, si arrivò alla dichiarazione universale dei diritti umani  che riconobbespeciali diritti ai minori. 

Solo recentemente (1998), lo Statuto della Corte Penale Internazionale dichiarò crimine di guerra l’arruolamento di bambini sotto i 15 anni e il loro impiego nei conflitti. Nel 1999 venne approvata la Convenzione n. 182 dell‘Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), che definisce il reclutamento forzato e obbligatorio di bambini “una delle peggiori forme di lavoro minorile”, vietandolo. Nel 2000 fu approvato il Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti dell’infanzia, relativo al coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati. Questo protocollo aumenta l’età minima per la partecipazione diretta agli scontri a fuoco dai 15 ai 18 anni (articolo 1) e vieta il servizio di leva o il reclutamento forzato al di sotto dei 18 anni (articolo 2).

L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha identificato 14 paesi in cui è ancora presente un massiccio arruolamento di bambini; si calcola che siano circa 250mila quelli costretti a combattere in Afghanistan, Colombia, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Iraq, Mali, Myanmar, Nigeria, Filippine, Somalia, Sud Sudan, Yemen e Siria. Proprio in Siria nel 2020, secondo un report dell’Onu, ben 820 bambini sono stati arruolati negli ultimi anni e 557 sono rimasti mutilati. Gli incentivi utilizzati per incoraggiare i bambini a entrare nell’esercito sono i salari, le ideologie e l’influenza della famiglia o della comunità. Anche le ragazze si uniscono a questi gruppi armati per cercare di sfuggire agli abusi o ai matrimoni combinati. La questione delle bambine è molto delicata: secondo una denuncia di Child Soldier International il numero delle bambine soldato probabilmente è sottostimato rispetto a quello reale poiché queste spesso non vengono incluse nelle statistiche ufficiali e non  sono riconosciute dalle agenzie per la protezione dell’infanzia. Tutti questi ragazzi e ragazze sono abitualmente usati come combattenti, informatori, saccheggiatori di villaggi, schiavi domestici e sessuali; sono tagliati fuori dalla possibilità di frequentare la scuola, non hanno accesso all’assistenza sanitaria, sono esposti a situazioni di pericolo di vita e soggetti a sfruttamento.

 “Spetta alla nostra generazione chiedere ai leader del mondo di adempiere alle loro promesse per fare sì che tutti i bambini abbiano in pienezza tutti i propri diritti” Henrietta Fore, Direttore esecutivo dell’UNICEF. Proprio l’UNICEF sta portando avanti, insieme all’organizzazione umanitaria INTERSOS, la campagna #stopbambinisoldato, che comprende progetti di reintegrazione nella società per gli ex bambini soldato in modo da consentirgli di riprendere una vita normale. Ciò significa dare ad un minore la possibilità di riconoscersi in un nuovo ruolo e prevedere la formazione professionale e il reinserimento tramite una nuova identità sociale. La piena reintegrazione è un percorso lungo e complesso, ma possibile. 

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