GEOPOLITICA

Stop al lavoro minorile!

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152 milioni è il numero di minori vittime di sfruttamento lavorativo nel mondo. Quasi 100 milioni quelli sottratti a questa pratica negli ultimi 20 anni. Tuttavia, il fenomeno è lontano dall’essere totalmente sradicato.

Secondo i dati del rapporto dell’International Labour Organization e del partenariato globale Alliance 8.7, 1 minore su 10 è impiegato nel lavoro, 68 milioni di bambine e 88 milioni di bambini. Circa la metà, 73 milioni, sono costretti in attività pericolose che mettono a repentaglio la loro salute fisica e mentale e la loro sicurezza. 73 milioni è anche il numero dei bambini più piccoli coinvolti, quelli tra i 5 e gli 11 anni.

Nei paesi in cui sono in corso conflitti armati il fenomeno incide per oltre il 77% in più rispetto alla media mondiale e arriva a impiegare i minori anche come soldati.

Il lavoro minorile è un fenomeno globale, ma largamente più diffuso nei paesi poveri. In condizioni di indigenza, spesso, il contributo dei bambini è necessario alla sopravvivenza dei membri della famiglia. Inoltre, in alcuni paesi la debolezza dei sistemi scolastici e di protezione sociale contribuisce ad accrescere i numeri. Infine, in determinate aree del mondo il lavoro minorile è ancora culturalmente accettato e chi ne fa uso non è, quindi, oggetto di stigma sociale.

Proprio per questi fattori, il fenomeno è diffuso particolarmente in Asia, America Latina e, soprattutto, in Africa dove si stima la presenza di circa 72 milioni di bambini lavoratori, quasi la metà del totale mondiale. Mali, Nigeria, Guinea Bissau e Ciad i paesi con la più alta incidenza, con oltre 1 minore su 2 coinvolto. Nell’Africa Subsahariana i numeri sono addirittura in crescita.

31 milioni di bambini africani sono impiegati in lavori pericolosi, emblematico il caso della Repubblica Democratica del Congo, dove 40 mila minori lavorano come minatori nel sud del paese. Un dossier di Amnesty International e Afrewatch ha messo in luce le drammatiche condizioni in cui i bambini sono costretti a lavorare, estraendo metalli che sono poi acquistati da grandi aziende multinazionali del settore tecnologico.

Alla luce di ciò, nel 2019, l’organizzazione International Rights Advocates ha intentato una causa storica alla corte distrettuale di Washington, in rappresentanza di quattordici famiglie congolesi, contro aziende del calibro di Apple, Alphabet (Google), Dell, Microsoft, Tesla, accusate di responsabilità nella morte o menomazione di bambini impiegati in miniere di cobalto.

La stessa ONG, nel 2021, ha sostenuto la causa di 8 uomini del Mali che da bambini sarebbero stati ridotti in schiavitù e sfruttati, in Costa d’Avorio, nelle coltivazioni di cacao riconducibili a Mars, Nestlè, Hershey.

Secondo i dati dell’Istituto di ricerca NORC dell’Università di Chicago, in Costa d’Avorio oltre 1,5 milioni di bambini sono stati impiegati nella raccolta del cacao nella stagione 2018-2019.

A fronte di questa situazione, la variabile Covid-19 rischia di incidere negativamente sulla condizione dei minori nel mondo. La pandemia sta notoriamente aggravando la situazione degli strati più poveri della popolazione del pianeta, rendendo ancora più drammatiche le condizioni di vita di milioni di persone. Le maggiori organizzazioni mondiali che si occupano di minori, tra cui Amnesty International, International Labour Organization, Terre des Hommes, Unicef, stanno registrando un peggioramento della situazione e il rischio che, per la prima volta dopo 20 anni, il lavoro minorile possa tornare a crescere nei numeri. Sarebbero in aumento, in particolare, i bambini impiegati nella mendicanza e nell’universo dell’economia sommersa. Un report dell’Europol mette in luce l’incremento della domanda di pornografia infantile in rete a seguito della pandemia. 

Proprio il 2021 è un anno particolare per l’impegno mondiale contro il lavoro minorile. International Labour Organization e Alliance 8.7 hanno lanciato, infatti, “2021 Anno internazionale per l’eliminazione del lavoro minorile”. La risoluzione è stata adottata all’unanimità dall’Assemblea generale Onu nel 2019. Tale iniziativa impegna gli stati membri a predisporre misure immediate e risolutive per combattere il lavoro minorile, azzerandolo entro il 2025.

Obiettivo senz’altro difficile da centrare considerata la complessità del tema, legato a doppio filo a fattori economici e di sistema e necessitando quindi di interventi anche radicali in molteplici ambiti. Il periodo storico, quello del Covid-19, sarebbe, senza dubbio, il più indicato per un cambio di rotta. La scelta, come sempre, è politica.

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