La pandemia di Covid-19 ha messo, ancora una volta, in luce l’impossibilità dell’Africa di affrontare efficacemente i propri problemi e la conseguente dipendenza da paesi esteri e organizzazioni internazionali.
Un dato su tutti è esemplare dello stato di marginalità in cui permane il Continente: i vaccini fin qui somministrati rappresentano l’1% del totale nel Mondo.
In Africa la pandemia ha colpito senza dubbio meno; 87mila i decessi fin qui registrati dall’Africa CDC, su una popolazione di quasi 1,3 miliardi di persone. Il 3,1% dei contagi e 4% delle vittime mondiali.
Gli ultimi mostrano, tuttavia, come in Africa negli ultimi 30 giorni i contagi siano aumentati del 15%; in questo drammatico aumento di contagi, il paese più colpito risulta essere il Sud-Africa, con più di 1 milione e mezzo di casi, seguito da Marocco, Tunisia, Etiopia ed Egitto.

Precisando che i dati sulla diffusione del virus non sono attendibili a causa del monitoraggio non capillare, la differenza con altre realtà è marcata. Nonostante questo, il problema è comunque rappresentato dall’impatto della pandemia sul fragilissimo sistema sanitario africano, sulle scarse risorse a disposizione, sulle difficoltà logistiche.
Attualmente in Africa sono state somministrate poco più di 24 milioni di dosi di vaccino anti-Covid19, pari all’1,5% della popolazione. Una quantità drammaticamente risibile rispetto alle 1,5 miliardi di dosi per il 60% della popolazione (780 milioni di africani), necessarie al raggiungimento dell’immunità di gregge. L’ obiettivo verrà centrato, a seconda delle stime, tra il 2023 e il 2024, con prevedibili conseguenze sanitarie ed economiche che allontaneranno ancor più il Continente dal resto del mondo, incrementando al contempo il rischio planetario di sviluppo e diffusione di varianti.
La maggior parte dei vaccini disponibili nei paesi africani provengono attualmente dal COVAX, il programma solidale dell’OMS per sostenere le vaccinazioni nei 92 paesi più poveri. Sono 43 gli stati africani che ne hanno fin ora beneficiato, per un totale di oltre 18 milioni. Una quantità assolutamente inadeguata, che espone il Continente a una competizione tra paesi esteri per la fornitura di vaccini, occasione per un accrescimento delle influenze politico-economiche su di essi. Prima tra tutti, ovviamente, la Cina, che ha donato i propri vaccini a 16 stati africani, seguita dall’India a 15. Anche Russia ed Emirati Arabi hanno inviato dosi.
I paesi occidentali sono rimasti invece fuori dalla “partita”. Inoltre, sono stati responsabili della bocciatura al WTO della proposta di sospensione dei brevetti sui vaccini, presentata da Sud Africa e India; iniziativa che avrebbe permesso di colmare il divario nelle somministrazioni, andando in soccorso dei paesi a basso reddito.
Tale decisione è stata successivamente rimessa in discussione dagli Stati Uniti, seguiti da alcuni paesi europei, e, recentemente, dagli intervenuti alla Conferenza sulle economie africane svoltasi a Parigi; assemblea a cui hanno preso parte i capi di stato e di governo dei principali stati africani e occidentali, insieme ai vertici di ONU, UE e delle istituzioni finanziarie internazionali. A conclusione del vertice, i convenuti hanno chiesto l’eliminazione dei brevetti “per consentire la produzione di vaccini in Africa”, ha precisato il presidente francese Macron.

In questo contesto di totale dipendenza verso gli altri paesi, l’Africa ha cercato di avviare un processo di produzione di un proprio vaccino; lo scorso 7 aprile, l’African Center of Excellence for Genomics of Infectious Diseas aveva annunciato di essere al lavoro con l’Università di Cambridge per la produzione di un proprio vaccino. La sfortuna è stata quella dell’incapacità dell’Istituto africano di ottenere i fondi necessari per portare avanti gli studi; né il settore pubblico né quello privato sono stati in grado di avviare un processo di ricerca tanto fondamentale quanto necessario; va sottolineato, inoltre, come in Africa la spesa per ricerca e sviluppo sia pari appena allo 0,5% del PIL, mentre la media globale è di circa il 2,3%.
Tali dinamiche confermano ancora una volta la necessità per il continente africano di emanciparsi e sviluppare una propria autonomia rispetto alle spinte esterne. In questa direzione va il memorandum recentemente firmato da CEPI, GAVI e COVAX e annunciato dall’Unione Africana che mira alla realizzazione entro 20 anni di 5 centri di ricerca e alla produzione in loco del 60% dei vaccini utilizzati, rispetto all’1% di oggi.
È attraverso un percorso di affrancamento e autodeterminazione, senz’altro lungo e complesso, che l’Africa potrà finalmente essere artefice del proprio futuro.