ECONOMIA

Diritti ed economia: un binomio necessario per una società sostenibile

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La Giornata internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia ricorre, dal 2004, ogni 17 maggio per ricordare quando nel 1990 l’Organizzazione Mondiale per la Sanità decise di togliere l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. Questa ricorrenza, insieme al 28 giugno che ricorda la rivolta di Stonewall e alla stagione dei pride e per noi è l’occasione per fare il punto sullo stato dei diritti dei cittadini e dei lavoratori LGBT nei differenti Paesi. E quale migliore momento per parlare anche dell’economia di uno Stato vicino ai diritti dei cittadini? Ci proviamo in questo articolo tenendo insieme dati e rilevazioni con osservazioni che ci permettano di tracciare un filo conduttore che unisce la capacità di inclusione di uno stato con la sua competitività economica!

Per iniziare la nostra analisi ci poggiamo sui dati raccolti a riguardo dalla Open for business (la coalizione di 26 aziende multinazionali impegnate a promuovere i diritti Lgbt in tutto il mondo). Sono 121 le metropoli prese in considerazione che sono passate al vaglio di 23 parametri, tra cui capacità imprenditoriale delle persone lgbt+, volume degli investimenti esteri, fuga di cervelli, reputazione nazionale, capacità di attirare e trattenere i talenti. Dalla raccolta di tutti i dati viene fuori come l’inclusione della comunità Lgbtq+ coincida, ovunque, con l’acquisizione di livelli più elevati di innovazione, maggiori competenze e una migliore qualità della vita che, a loro volta, contribuiscono a migliorare la performance economica e l’aumento del Pil pro capite. Tra le città più aperte ci sono Amsterdam, Berlino, San Francisco, Londra e Stoccolma. Milano e Roma, insieme a Tel Aviv, Hong Kong, Johannesburg e Shanghai si trovano a metà della lista in questione. Sono quindi aperte, ma non troppo. Tra le più chiuse si contano al contrario Nairobi, Dakar, Kiev, Istanbul e Mosca.

L’inclusione lgbt indica un ambiente variegato e creativo, che crea le giuste condizioni per la crescita economica urbana”, si legge, infatti, nell’ultimo rapporto di Open for business.

Possiamo quindi affermare che per le città che ambiscono ad avere un ruolo da protagonista nello scenario del mercato globale, è cruciale applicare delle politiche inclusive creando dei manifesti di intenti per lo sviluppo di un ambiente culturale e lavorativo diversificato che crei terreno fertile per il fiorire di business innovativi .

Società e aziende più aperte verso la comunità lgbtq+ sono, insomma, realtà in cui l’economia gira meglio.

Da tempo studi e ricerche hanno messo in evidenza la correlazione tra il riconoscimento dei diritti di persone lesbiche, transessuali, gay, bisex , intersex, e lo sviluppo economico, il grado di imprenditorialità e la forza innovativa di un Paese in cui il prodotto interno lordo pro-capite è conseguentemente più elevato.

E questo non ci stupisce! Si, perché, garantire un ambiente di lavoro inclusivo garantisce uno sviluppo di competenze e soddisfazione del lavoratore, quindi anche di produttività e fatturato; promuovere politiche inclusive consente una formazione dell’individuo più veloce nei processi di innovazione e quindi nello sviluppo dell’economia; fondare aziende e realtà sul valore delle sue persone e delle loro singole peculiarità permette di tener traccia delle necessità di ognuno per essere anche competitivi su tutti i mercati. 

Nei paesi che applicano e promuovono buone prassi inclusive anche i settori dell’intrattenimento, della ristorazione e del turismo sembrano sottolineare importanti introiti; anche in questo caso la risultante non ci stupisce. Perché immaginiamoci in vacanza liberi dalle fatiche del lavoro e dai nostri impegni quotidiani, che sia al mare o in montagna, in periferia o in una grande metropoli: il potersi vivere dei momenti di relax lontani da omofobia e discriminazione, baciare una persona del nostro stesso sesso senza scardinare obsoleti taboo, poter indossare gli abiti che si preferisce senza che questo venga messo a giudizio da nessuno, potrebbe decisamente fare la differenza. Il Turismo LGBTQ+ è, infatti, un segmento turistico che si rivolge prevalentemente a Gay, Lesbian, Bisex, Transgender e Queer prediligendo aziende e destinazioni turistiche che accolgono apertamente queste tipologie di viaggiatori. Pensate che in Italia si stima che il Turismo LGBTQ+ valga circa 2,7 miliardi di euro e che nel mondo mobiliti un capitale pari al 48% dell’incasso totale in questo settore. A questi dati va poi aggiunta la grande mole di denaro in circolo proveniente dall’industria dei matrimoni; al tanto aspirato e agognato si lo voglio, infatti, è legata una vera e propria macchina di incassi capace di creare occasioni di lavoro per migliaia di aziende, alberghi, catering, negozi di abbigliamento, fioristi, wedding planner, fotografi! Tantissimi incassi che potrebbero andare perduti in una società non inclusiva che pone un veto all’amore, alla libera predilezione tra individui e al discrimine sui sessi che scelgono di legalizzare e festeggiare il proprio legame.

Concludendo, possiamo affermare, quindi, che aprire le porte alla comunità gay, lesbica, bisessuale e transgender non può che portare beneficio anche alla nostra economia; poter garantire rispetto dei diritti e delle specificità di ognuno, infatti, non solo ci rende una società migliore, ma ci trasforma anche in una realtà più ricca, di valori, storie, contaminazioni, tavoli di confronto e reddito pro-capite, rendendo l’inclusione una strategia win-win per tutti.

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