In questo periodo il dibattito politico e sociale è intriso di omofobia ed omofilia che si combattono e si intrecciano. Non è necessario tematizzare quanto sia opportuno che una persona, in quanto tale, possa definirsi e dipingersi nel rispetto degli altri come meglio crede. Non affronterò questo tema perché per me è semplice: sì l’essere umano in quanto persona, ha il diritto di auto-affermarsi e va rispettato.
Allora perché in Italia il dibattito è così acceso? Perché ci sono schieramenti che si fronteggiano sul tema della libertà di espressione o della protezione dalle azioni discriminatorie e di violenza? Ho provato a guardarmi intorno perché spesso le risposte più superficiali dicono: “Beh in Italia la popolazione è molto anziana”, qualcun altro afferma “Qui è più difficile accettare determinate situazioni perché domina il cattolicesimo”. Ma ne siamo sicuri? Basta questo?

Durante un aperitivo tra amiche una chiacchiera tira l’altra, un sorso di birra rinfrescando la gola rinfresca i pensieri, quindi abbiamo ideato una brillante teoria, che necessiterebbe di molte e complesse ricerche per essere confermata, per divenire scientifica, o per lo meno oggettiva. Iniziamo dall’idea, dalla suggestione e poi proviamo a fornire qualche dato di contesto. L’importante ora è suggerire uno scenario, sollevare un pensiero, costruire un dibattito. Iniziamo!
Percorrendo pochi chilometri troviamo uno stato europeo, come il nostro; con parecchie differenze regionali, come il nostro; caratterizzato dal caldo e dal buon cibo, come il nostro; con una popolazione anziana notevole, come il nostro; con una forte influenza della religione cattolica, come il nostro: la Spagna.
Nel nostro immaginario la Spagna è una terra di diritti e possibilità. Uno spazio di rispetto per tutte quelle persone che qui rischiano di non poter raggiungere i propri obiettivi (familiari, di coppia, lavorativi e sociali), oppure che subiscono discriminazioni ed azioni verbali o fisiche di tipo violento. In Spagna ci sono molte suddivisioni interne, ci sono grandi problemi, come ovunque nel mondo, non è tutto oro quel che luccica, ma di una cosa siamo certe: lì esistono coppie di persone (che prescindono da genere ed orientamento), che fanno “cose” (si baciano, passeggiano mano per mano, vanno al ristorante) serenamente e raggiungono obiettivi (lavorano, si sposano, creano una famiglia).
Con due matrici culturali così simili, pur somigliandosi molto, Italia e Spagna come fanno ad essere così distanti sul campo della garanzia dei diritti per tutti e dalla protezione dalle discriminazioni per ognuno?
Il mare, l’aperitivo e le solite chiacchiere sui massimi sistemi, ci hanno fatto riflettere sulla storia dei due paesi per intercettare il punto di snodo, il bivio che ha determinato due percorsi così differenti. Noi quella biforcazione, quella che per noi è significativa, l’abbiamo trovata: la popolazione schiacciata da Francisco Franco. Qui servono due dati e date, perdonate il gioco di parole, di contesto.
La Spagna franchista, ufficialmente “Stato Spagnolo”, governata dal Generale Francisco Franco, fu lo Stato esistente fra il 1939, termine della guerra civile spagnola, e il 1975, anno della morte del Generale. È stata una lunga dittatura militare di tipo tradizionalista, autoritaria, conservatrice e nazionalcattolica, ispirata al fascismo.

Il franchismo ha avuto due caratteristiche fondamentali: la durata importante, 36 anni, ed il termine in tempi oseremmo dire quasi contemporanei a quelli che stiamo vivendo. L’Italia ha vissuto la dittatura durante un periodo storico in cui la vita, non ce ne vogliano i nostri nonni, era completamente differente. L’accesso alle informazioni era più complesso, non c’era la tv, la radio era un lusso. Si conoscevano il proprio contesto e la propria terra, l’aria era intrisa di semplicità. La Spagna ha iniziato il suo percorso totalitario meno di 15 anni dopo. Il “ventennio” poi, si è interrotto con i dolori, i massacri, il sangue e le divisioni interne che hanno caratterizzato la fine della guerra (ex-fascisti ed ex-partigiani, gente delle città bombardate e persone delle campagne, nord e sud, repubblicani e monarchici…) la libertà in Italia, ha corrisposto in qualche modo ad un’ affermazione ed una rielaborazione delle differenze, che tra rispetto e rancore ha necessitato di anni per appianarsi. Il legame con il passato doloroso si leggeva nelle città distrutte, nelle campagne affamate, nei militari deturpati, negli occhi impauriti dei bambini. Bisognava ri-costruire ed inventare un mondo di speranza, lo si è fatto in emergenza e celebrando il passato “perché non accadesse più”.
Mentre l’Italia si rialzava dalle macerie ed entrava poi nel boom economico, la Spagna proseguiva il suo cammino di regime, mentre le televisioni libere ed i giornali entravo in tutte le abitazioni europee, in Spagna si continuava ad avere fame, mentre nel mondo occidentale a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, iniziavano i movimenti studenteschi, le proteste femministe, i centri sociali urlavano a gran voce per le strade, in Spagna non c’erano categorie da proteggere e da liberare perché tutti erano schiacciati, tutti, nessuno escluso.
Uomini, donne, bambini, giovani, anziani, eterosessuali, omosessuali, malati, poveri, nessuno aveva diritti, nessuno aveva libertà d’espressione e di autoaffermazione pubblica. Non c’era riconoscimento per le istanze di nessuno, se non di quelle del potere.
Noi crediamo che in questo frangente si sia aperto lo star-gate. Il varco che ha determinato un mondo diverso si è nutrito delle vessazioni di tutti, si è incrementato spiando dalla serratura un’Europa che si ribellava, si è fortificato con la disperazione di un popolo, quello spagnolo, che per anni non ha visto la luce. Nel buio si sa, non posso osservare il colore della tua pelle, non posso cogliere la tua età, non posso vedere se sei attaccato ad un respiratore, il buio non mi permette di capire se stai baciando una donna, un uomo e non vedo nemmeno come sei vestito. Nel buio il popolo spagnolo tutto si è unito, sono decadute le differenze. Quando finalmente un potente raggio di sole nel 1975 ha squarciato il buio e le persone si sono scoperte libere e diverse le une dalle altre, hanno deciso di afferrare diritti per tutti, nessuno escluso. La dittatura quindi può divenire per ossimoro una fucina di diritti? Non ne crea, ma costruisce il senso di bisogno, di necessità, di reciprocità, di uguaglianza di cui si nutre la lotta per la conquista dei diritti.

Dallo strazio di una lunga dittatura finita in tempi moderni, la Spagna ha fatto fiorire, almeno nel campo dei diritti sociali un forte senso di comunità. Una comunità che non demonizza le differenze umane, ma che anzi sa celebrarle. Se qualcuno non riesce a gioire per le differenze, riesce comunque a rispettarle e garantirle. In Spagna, lo abbiamo detto, ci sono divisioni e tensioni geografiche, economiche ed addirittura linguistiche, a livello macroscopico però la società non è frammentata, non sul piano dell’autodeterminazione e della garanzia delle possibilità di vita. Essere stati schiacciati tutti insieme ed indistintamente, in un periodo in cui nei Paesi circostanti si respirava la democrazia, forse ha permesso agli spagnoli una volta liberi di essere disposti a supportare la conquista dei diritti dell’altro. Diritti che magari non interessano la vita di ognuno, ma valgono in quanto necessari ad un altro essere umano. Questa è stata la svolta, rinascere insieme e combattere non con un’ottica che parla di “categorie”, “gruppi”, “divisioni”, non in senso utilitaristico, ma con un approccio estremamente equo, inclusivo e attento alle esigenze di ognuno.
Nella storia del mondo quello dei diritti è sempre stato un cammino, una conquista. Ad oggi, speriamo che il cammino dei diritti, per tutti, nessuno escluso in Italia si faccia sempre più fluido e veloce. In uno stato civile, popolato da persone per bene, non bisogna avere paura e non deve servire una dittatura per intravedere la luce: un diritto garantisce possibilità a qualcuno senza toglierne a nessuno.